27 ago 2008

Giovanni Falcone: in Procura contro lo stato indiano e italiano

Il padre di Angelo deciso a procedere per gli inadempimenti dei due stati

ROTONDELLA - Giovanni Falcone ci attende a casa in mattinata. Il luogo è d’obbligo, perché è lì che dovrebbe arrivare una telefonata molto attesa. E’ quella dell’Ambasciata Italiana in India, che comunicherà le novità sulla sistemazione del figlio nel nuovo carcere di Nahan.
Sono passat
i due giorni dalla sentenza di condanna a dieci anni per Angelo Falcone e l’amico Simone Nobili, accusati di possesso e spaccio di stupefacenti nello stato indiano dell’Himacal Pradesh. Una condanna che pesa come un macigno, ma non ha fiaccato del tutto le speranze del padre. “Anzi, semmai mi ha reso più audace, perché adesso non abbiamo davvero più nulla da perdere” spiega Giovanni Falcone, deciso a dare una nuova marcia alla sua lunga battaglia per la liberazione del figlio.
La nuova strategia prevede un passo importante. Nei giorni prossimi, affiancato da un avvocato italiano, Falcone si recherà in Procura a Matera per depositare un esposto con cui dovrebbe chiamare in causa lo stato indiano e lo stato italiano: il primo per non aver rispettato alcune convenzioni internazionali in caso di fermo a cittadini stranieri; il secondo, di conseguenza, per non aver tutelato i diritti dei suoi cittadini.
“Fino ad ora sono andato avanti con le parole – spiega – ora bisogna cominciare a mettere nero su bianco. Secondo la Convenzione Internazionale di New York, infatti, gli stati che fermano cittadini stranieri devono dare immediata comunicazione dell’arresto e delle sue motivazioni all’Ambasciata dello stato cui appartenga il cittadino fermato. Inoltre, a loro non sono stati forniti, come previsto, né un traduttore e né un avvocato, in fase di interrogatorio nei primi atti e neppure dopo, nella fase istruttoria. Sono deciso a portare il caso ovunque, anche alla Corte di Giustizia Europea”. Dopo la battaglia politica e mediatica, insomma, per Giovanni Falcone inizia la battaglia giudiziaria.

L’altra battaglia giudiziaria, quella decisiva, si svolgerà in India. Quando ha sentito per l’ultima volta suo figlio?
E’ stato sabato mattina, subito dopo la sentenza. Pensavo di trovarlo a pezzi e invece mi ha subito detto: “papà dobbiamo assolutamente andare in appello”. E’ un bene che riesca a guardare al futuro senza disperare. Dopo sabato non è stato più possibile sentirlo, pare che nel nuovo carcere ci siano regole particolari. L’Ambasciata, che ha già parlato col vice-direttore della prigione, mi ha detto che sarà possibile sentirlo solo “di tanto in tanto”. Ma cosa significa “di tanto in tanto”? Non possiamo mica fare la fine di Giuseppe Ammirabile (detenuto italiano in Brasile, che dichiarò su Repubblica di non avere avuto contatti con la famiglia da due anni, ndr.)?
Ha saputo qualcosa sulla sentenza di condanna?
Assolutamente no! L’Ambasciata continua a dire che la invierà presto, ma io non ho ancora ricevuto nulla. Anche questo non sembra strano? I due ragazzi sono stati condannati a 10 anni ma neppure una volta, durante tutto il processo, è stato portato il corpo del reato, i famosi 18 kg che avrebbero trasportato secondo la polizia. Neppure gli avvocati difensori li hanno visti mai. Capite?
Gli avvocati! Se andrete in appello li cambierete?
Quasi certamente sì. L’anno scorso ci rivolgemmo a loro perché gli altri avevano costi troppo elevati (circa 65 mila euro più spese), ma dopo questa disfatta giudiziaria ci tocca subito correre ai ripari per garantire una maggiore qualità della difesa.
E come farete a pagare quelli nuovi?
Sono deciso a chiedere anche contributi pubblici. Ripeto, fino ad ora ho solo parlato su giornali e televisioni, ma ora è venuto il momento di mettere tutto nero su bianco: invierò una formale richiesta di contributo alla Regione, alla Provincia e allo Stato Italiano. Mi dovranno rispondere sì o no!
Facendo un bilancio, chi ti ha aiutato maggiormente?
Confermo quanto è stato scritto sul Quotidiano di sabato, e cioè che la risposta della Basilicata è stata molto più forte rispetto a quella della politica e dei media di Piacenza. Lì solo il consiglio provinciale e regionale hanno approvato documenti in merito, e qualche organo di stampa come Libertà, Cronaca di Piacenza e Gazzetta di Parma. E poi, in particolare, c’è stata la vicinanza del parlamentare di An Tomamso Foti.
E invece in Basilicata?
Qui mi hanno aiutato tantissimo, tranne la Chiesa, come ho scritto più volte. In particolare il consigliere Disanza, ma anche molti altri politici e parlamentari, che sul caso hanno presentato specifiche interrogazioni. Però adesso chiedo di più. Voglio io stesso una audizione in Parlamento alle Commissioni Esteri e Giustizia: voglio dire chiaramente tutto quello che lo Stato Italiano ha fatto in altre occasioni di detenzioni all’estero ma non nel caso di mio figlio.

Pino Suriano - Il Quotidiano della Basilicata

23 ago 2008

Il caso Falcone e la reazione lucana

L'editoriale sulla sentenza di condanna per Angelo Falcone
Il caso Falcone-Nobili non è propriamente un caso lucano. Angelo Falcone, che è nato e vissuto a Bobbio in provincia di Piacenza, veniva in Basilicata solo qualche volta per far visita a papà Giovanni, separato dalla moglie. Simone Nobili, l’amico arrestato insieme a lui, con la Basilicata non aveva nulla a che fare.Eppure, proprio in relazione a questo dato, alcuni fatti risultano sorprendenti. In Emilia, per loro, hanno fatto ben poco: il consiglio provinciale di Piacenza e il consiglio comunale di Bobbio hanno redatto e approvato un documento di solidarietà e promessa di impegno, mentre un solo giornale (Libertà) ha seguito il caso con attenzione quotidiana. Poi, a quanto ci risulta, solo qualche altra sporadica attenzione da parte dei politici. In Basilicata, al contrario, è stato fatto di tutto e di più. Numerosi parlamentari lucani si sono interessati alla vicenda con specifiche interrogazioni, il presidente De Filippo ha interessato del caso l’allora ministro degli Esteri D’Alema, il difensore civico Aprea ne ha scritto al presidente Napolitano, l’europarlamentare Pittella lo ha presentato di persona a Enrico Letta quando era candidato alla segreteria del Pd, il consigliere regionale Disanza (Pd) ha addirittura aiutato Giovanni Falcone in alcune concrete situazioni legate ai rapporti con l’ambasciata e gli avvocati difensori.Per non parlare della stampa e delle televisioni locali. Noi del Quotidiano abbiamo raccolto per primi lo sfogo di papà Giovanni, per primi abbiamo trascritto le telefonate di Angelo dalla prigione di Mandi e per primi, tra i giornali, abbiamo pubblicato i “discussi” verbali della polizia indiana. Con simile attenzione si sono dedicati al caso gli altri quotidiani, le televisioni e le radio lucane. E’ lucana anche la prima cronista che ha portato il caso alla ribalta nazionale (Angela Mauro su Liberazione), così come è lucano il cantautore che per Angelo ha addirittura scritto una canzone, Pino Battafarano. Né si possono tralasciare le tante associazioni che alla vicenda hanno dedicato eventi culturali e le diverse amministrazioni comunali che hanno approvato specifici ordini del giorno. Tutto questo la dice lunga sulla nostra volontà di esserci. Forse anche su una certa smania di visibilità, ma soprattutto su un sano desiderio di protagonismo e su una sana dimensione comunitaria di quel che accade accanto a noi. A Rotondella il caso di Angelo è stato da subito discusso e sentito da tutta la comunità, ieri frastornata dalla notizia della sentenza. Un abbraccio di questo tipo, al nord, forse non esiste come da noi!E’ bello poterlo affermare con orgoglio, anche in un momento drammatico come questo, a poche ore dalla condanna dei due a 10 anni di carcere. Così come è bello richiamare i meriti e il coraggio di Giovanni Falcone, padre di Angelo. Lui sì, lucano, che è nato e vive a Rotondella. Quando si diffuse la notizia dell’arresto, nel marzo 2007, sapeva a stento maneggiare il computer. In meno di una settimana era diventato esperto navigatore della rete e uomo di comunicazione, sapeva raccogliere informazioni da ogni dove, conosceva tutti i siti specializzati su notizie asiatiche e aveva cominciato a curare il suo blog www.giovannifalcone.blogspot.com. Non ha fatto nessun Master in Comunicazione, eppure ha preso il caso di Angelo e lo ha trasformato in un caso nazionale, con continue mail e telefonate a cronisti, politici e rappresentanti di associazioni. Lo ha portato nelle più seguite trasmissioni televisive (Festa Italiana, Piazza Italia di Giancarlo Magalli, Stella di Maurizio Costanzo, etc.), nei maggiori quotidiani nazionali (Repubblica, Libero, La Stampa, L’Indipendente, etc.) e addirittura in un Convegno alla Camera con l’on. Marco Zacchera. Negli ultimi tempi, con le conoscenze acquisite in questo anno e mezzo di “travaglio”, si è fatto anche promotore di un più ampio movimento di opinione per i destini di tutti i tremila italiani detenuti all’Estero.Non sempre ho condiviso le posizioni di Giovanni Falcone, prima tra tutte la sua “pretesa” di intervento della Chiesa locale e non solo, espressa con diverse lettere ad alcuni quotidiani. Personalmente credo che dalla Chiesa, non trattandosi di un ente pubblico, nessuno abbia il diritto di pretendere alcunché. Né si può pretendere di imporLe qualcosa sulla base di una presunta (e spesso malintesa) idea di moralità evangelica. A questo giudizio (che è dirimente e meriterebbe una più lunga argomentazione) si aggiunga che il caso Falcone è un caso giudiziario, semmai diplomatico per alcuni controversi aspetti dell’arresto, ma non mi sembra un caso cosiddetto “umanitario” tra quelli generalmente di interesse della Chiesa. Non faccio fatica, però, a leggere questa “pretesa” di Giovanni nell’orizzonte di una rabbia forte e di una comprensibile richiesta di aiuto a 360 gradi. Anche per questo non si scalfisce una certa stima nei suoi confronti. Ciò che più ricorderò di Giovanni, sul piano umano, è l’sms che mi inviò qualche mese fa, quando per la prima volta si recò in India per far visita al figlio. Poche parole semplici: “Oggi ho riabbracciato Angelo. E’ stato bello! Siamo stati così… non so per quanto tempo. Sta bene e vi saluta tutti”.
Fu un impeto di gioia che sembrava aver fatto fuori ogni rabbia, pur comprensibile, per la condizione di suo figlio. Mi aveva sempre parlato da arrabbiato, ma quella volta non fu così. Non mi comunicò, come al solito, le condizioni di Angelo, la sua attività per tirarlo fuori o i luoghi in cui lo aveva trovato. Mi comunicò semplicemente la sua gioia per averlo rivisto. Dopo circa sei mesi capii che in quella vicenda, oltre a tutte le possibili implicazioni politico-diplomatiche, c’era anzitutto il dolore drammatico di un padre per un figlio. Ed è questo dramma che voglio portare sotto gli occhi di tutti, oggi che il caso si amplifica per l’esito della sentenza. Così come voglio ricordare che non tutto è perduto, e che forse, come Giovanni Falcone va dicendo da tempo, non tutto è stato fatto. Sono interessanti, in tal senso, le parole pronunciate ieri dall’onorevole Zacchera, Presidente del Comitato Italiani nel Mondo della Camera dei Deputati: “Sul caso di Angelo Falcone – ha detto a News Italia Press - si potrebbero riempire pagine intere di giornali su cosa sarebbe stato possibile fare e non si è fatto, nonostante il mio personale impegno e quello di altri colleghi parlamentari”. Insomma, non tutto è finito e si può ancora fare qualcosa. Forse anche da “quaggiù”.

Pino Suriano - www.ilquotidianodellabasilicata.it.

22 ago 2008

Angelo Falcone condannato a 10 anni

Mi trovo in ferie e non potrò occuparmi del caso di Angelo Falcone, condannato a 10 anni di prigione in India insieme all'amico di Bobbio Simone Nobili. I due erano stati arrestati il 9 marzo 2007 per possesso di stupefacenti. Riporto l'articolo pubblicato da News Italia Press con dichiarazioni di Giovanni Falcone e l'on. Marco Zacchera.

New Delhi - E' arrivata, pesante come un macigno, la condanna a 10 anni di carcere per Angelo Falcone e Simone Nobili, i due giovani detenuti in India dal marzo del 2007.

Ancora non si conosce il testo della sentenza di condanna, la famiglia Falcone nel pomeriggio contatterà l'interprete a seguito del colloquio di stamattina in cui "il giudice aveva promesso che nel giro di poche ore avrebbe scritto la motivazione che arriverà in ambasciata lunedì ", spiega Giovanni Falcone, padre di Angelo, a News ITALIA PRESS. Si spegne così la fiducia che fino a poche settimane nutriva la speranza dei familiari.
"Spero ci siano ancora speranze di riavere Angelo in italia", prosegue Falcone. "Certo, andremo in appello. Ma ci vuole tempo, tempo da trascorrere in prigione. E si tratterà di un'altra prigione, perchè domani saranno trasferiti. E' questo anche il dramma, qui adesso conoscevano tutti ed erano conosciuti".
"Sono stati condannati, a 10 anni - ripete Falcone - Ero, in parte, anche io fiducioso. Perchè, soprattutto neegli ultimi tempi, il giudice sembrava essersi interessato anche alle dinamiche in atto. E poi. Poi è caduto tutto".
Un triste epilogo al quale si è arrivati "grazie al disinteresse della politica tutta", afferma Falcone. Nelle ultime udienze il giudice sembrava molto attento alle procedure e a quanto gli veniva proposto ma "poi è crollato tutto". "Quando cadi nelle mani della corruzione, non ti salvi - continua Falcone da Matera -. Un meccanismo perverso che non tocca solo Angelo e Simone ma tocca tutti i cittadini occidentali. Per loro gli occidentali sono una fonte di guadagno sicuro, specialmente se italiani. Perché le istituzioni non si interessano mai di loro, e questo è il risultato".
Una corruzione che, per papà Falcone, è un "meccanismo perverso". "Gli occidentali sono visti come fonte di guadagno sicuro. Specialmente gli italiani. E il Parlamento non si interessa mai di queste cose. Il prezzo è altissimo, ma non so neanche se devo dire grazie, in un certo senso. Perchè so che rischiavano dai 15 ai 20 anni. E' da stamattina che sto gridando. Sono un cittadino italiano e devo essere garantito dal mio Parlamento. Io come tanti altri del 3000 abbandonati nel mondo. Figli e figliastri. Il Presidente della Repubblica... gli ho scritto due lettere e non ha mai risposto. Ad un'associazione che lo aveva sollecitato al merito, la segreteria personale della Presidenza della Repubblica ha fatto sapere che esula dalle proprie competenze. Eppure, in passato, di altri casi, che avevano alle spalle potentati, si è parlato e per quei casi ci si è mossi".
Una conclusione amara: "Posso gridare quanto voglio. Ma rimarrò sempre solo. Un Don Chischiotte contro i mulini a vento".
Non tutta la politica italiana ha reagito alla vicenda, nel tempo, con il silenzio. L’'Onorevole Marco Zacchera, Presidente del Comitato Italiani nel Mondo della Camera dei Deputati, era stato, nel 2007, tra i primi parlamentari italiani ad attivarsi con iniziative volte a risolvere per vie politico-diplomatiche il caso Falcone.
Lo scorso fine luglio, presentando un'interrogazione parlamentare al Ministro degli Esteri Franco Frattini, l'Onorevole Marco Zacchera ha riaperto il capitolo delle problematiche condizioni di vita dei detenuti italiani all'estero. Nella scorsa legislatura aveva, lungamente e con successo, fatto approvare dal Parlamento un ordine del giorno - recepito dall'allora Governo - di istituire il Numero Verde di emergenza giudiziaria per tutti quei turisti italiani o residenti all'estero “che avessero avuto necessità di fare prontamente intervenire le nostre autorità consolari a loro difesa”.
Nel luglio scorso Zacchera aveva anche chiesto di conoscere lo stato di attuazione del cosiddetto Protocollo di Strasburgo, con il quale si prevedono norme per poter scontare la pena nei propri paesi d'origine e non in quelli ove si è stati condannati.
"“Nel caso di Angelo e Simone ci sono state gravi violazioni dei diritti umani: basti pensare che sono stati costretti a firmare una dichiarazione in indi senza capire cosa stessero firmando eppure la legge prevede che tutte le dichiarazioni ai connazionali all'estero e soprattutto ai detenuti devono essere solo nella propria lingua .... Sul caso di Angelo Falcone - prosegue l'Onorevole Zacchera - si potrebbero riempire pagine intere di giornali su cosa sarebbe stato possibile fare e non si è fatto, nonostante il mio personale impegno e quello di altri colleghi parlamentari”"

15 ago 2008

Ail e Pianeta Giovani insieme per aiutare chi soffre


Stasera l'evento a Nova Siri con concerto degli Zenith

NOVA SIRI – Per molti il volontariato è solo un diversivo o lo spunto per cercare una visibilità che non si otterrebbe altrove. Sia chiaro, tutto ciò non è di per sé negativo, soprattutto quando serve ad aiutare chi soffre. Se però il volontariato nasce dalla vita è tutta un’altra cosa, per l’intensità e la passione con cui si affronta.
E’ accaduto così a Carmela Stigliano. Da questo orizzonte di altruismo, fino al novembre 2005, si sentiva lontana anni luce, non conosceva la leucemia né tanto meno l’Ail (Associazione italiana contro le leucemie-linfomi e mielosa). “Fino a quando la leucemia – racconta lei –non venne a bussare a casa nostra”. In quei giorni fu scoperta la malattia di suo padre, bisognoso di cure immediate. Cominciò allora il travaglio di tutta la famiglia, con viaggi frequenti e ricoveri presso il centro di Ematologia di Rionero in Vulture.
In quei mesi le capitò di osservare, in tv, una trasmissione sulla vendita delle Stelle di Natale dell’Ail, da cui rimase attratta e incuriosita. Partirono da lì i primi contatti con la sede di Roma e poi con quella di Matera, dove incontrò Antonio Stella, presidente provinciale dell’Ail. Tra i due cominciò subito una proficua collaborazione, che ha portato, all’inizio di quest’anno, alla fondazione di una sezione Ail proprio a Nova Siri, paese in cui Carmela vive da sempre.
Nasce così, dal dramma di un’esperienza personale e non da uno spunto di protagonismo, il suo desiderio di aiutare chiunque si trovi a vivere la stessa vicenda e tutti i problemi ad essa connessi: i costi elevati delle cure, l’eccessiva lontananza dei centri preposti, etc.
In questo tragitto ha trovato come compagni di viaggio i ragazzi di Pianeta Giovani, un’associazione giovanile desiderosa di rinnovare le dinamiche socio-politiche del territorio. Sono loro i promotori della serata musicale in programma per domani sera in Piazza Salotto a Nova Siri. Per le ore 21 sono previsti gli interventi dei membri del direttivo di Pianeta Giovani, a seguire quelli di Carmela Stigliano e del professor Antonio Stella dell’Ail di Matera. Alle 21,30 concerto della band giovanile Zenith.
Nell’ambito dell’evento sarà realizzata una raccolta fondi per sostenere i principali obiettivi dell’Ail provinciale, tra cui la realizzazione di un reparto di Ematologia con degenza a Matera (attualmente c'è solo il day hospital). Le risorse dell’Ail, inoltre, sono utilizzate per finanziare le analisi specialistiche dei malati, per aiutare le famiglie indigenti con malati, per l'aggiornamento professionale dei medici e per Case Famiglie in cui ospitare i parenti dei degenti. Insomma, per venire incontro alle esigenze reali di tutte le famiglie costrette a vivere questo dramma.

Pino Suriano - www.ilquotidianodellabasilicata.it

14 ago 2008

La Domenica di un tempo

Grande successo per la festa Coldiretti nel bosco di Nova Siri

NOVA SIRI – Campagna Amica non è un progetto locale, ma un’iniziativa nazionale di Coldiretti, tesa a promuovere un dialogo aperto con il cittadino-consumatore, a mostrargli da vicino il prodotto che acquista e mangia. Se questi sono gli intenti, la Domenica Contadina di Nova Siri, giunta alla quarta edizione, è senza dubbio una delle sue più belle declinazioni.
L’idea venne quattro anni fa a Giovanni Orioli, presidente della sezione comunale Coldiretti, mentre osservava con attenzione gli obiettivi del progetto. Pensò che quell’incontro col consumatore non potesse risolversi in una semplice degustazione, bisognava renderlo reale, proporlo nel cuore della campagna. Con i soci della sezione cominciò allora a cercare un posto che facesse al caso. Quello di Massa dell’Orbo, in pieno bosco di Nova Siri, si rivelò subito insuperabile: uno spiazzo larghissimo raggiungibile con le auto e, a due passi, una sorprendente veduta sul mare.
Il programma della giornata riporta indietro nel tempo, a quando la vita contadina era scandita dai ritmi della natura e del lavoro, anche se domenica, come accadeva nel “dì di festa”, il lavoro non c’è stato, tranne che per i tanti volontari di Coldiretti impegnati nella realizzazione dell’evento. Chi è arrivato dalla mattina ha potuto degustare la ricca colazione di un tempo, con pane e ricotta, “pastarelle” e altri prodotti genuini, sulle “artistiche” panche realizzate con tavoloni in legno retti da balle di fieno. Più tardi si è celebrata la Santa Messa, gesto di richiamo di una tradizione cattolica che ha forgiato il cuore e la mente di quella civiltà. Poi il pranzo, con vari stand di carne arrosto, “pastorale”, pannocchie, “ciambotta” e frutta fresca. Pomeriggio di musica e balli nello spiazzo verde, serata con il concerto finale de “I Rivota Popolo”.
All’evento sono intervenute autorità locali e regionali: Giovanni Orioli, presidente Coldiretti di Nova Siri; Giuseppe Brillante, direttore regionale Coldiretti; Pier Giorgio Quarto, presidente Provinciale Coldiretti; Pino Santarcangelo, sindaco di Nova Siri, e il senatore Cosimo Latronico.
Tutti concordi sull’esigenza di una più piena valorizzazione del mondo agricolo, hanno chiamato in causa diversi aspetti e proposte, come l’esigenza di accorciare la filiera tra produttore e consumatore, di perseguire l’obbligatorietà dell’indicazione di origine dei prodotti, di valorizzare la cosiddetta vendita a “km 0” all’interno delle stesse aziende. Il tutto, naturalmente, senza dimenticare che l’agricoltura deve prima risolvere altri problemi essenziali, come quello dell’acqua.
Due testimonianze raccolte tra la gente offrono l’idea di quale portata abbia raggiunto l’evento. Una coppia di coniugi pugliesi: “Siamo venuti apposta da Bari!”. Due giovani di Roma: “Avremmo dovuto scendere dopo il 15, ma abbiamo spostato le ferie per essere qui”. E se fossero questi, e non altri, i veri “Grandi Eventi” che promuovono la Lucania?

Pino Suriano

Magna Grecia Lucana: dalla poesia un gruppo di amici



Il 13 agosto si assegna il Premio Isabella Morra

VALSINNI – Da queste parti poche iniziative durano più di un anno. Tanto meno gli eventi culturali, spesso scoraggiati da difficoltà organizzative e dalle risposte negative del pubblico. Quando qualcuno riesce, perciò, è necessario chiedersi il perché. E’ il caso del concorso di poesia dedicato a Isabella Morra, che giunge quest’anno alla sua terza edizione.
Il segreto è forse da ricercare in due aspetti: la capacità organizzativa dell’associazione Magna Grecia Lucana di Torino e, soprattutto, la sua capacità di portare alla luce un “popolo di poeti” che diversamente lascerebbe le sue opere nel chiuso di una stanza o di un diario.
Maria Celano, presidente dell’associazione, è poetessa anche lei. Nessuna meraviglia, perciò, se riesce a scuotere e liberare le remore di tanti suoi “colleghi”, a renderli partecipi di una vita associativa che è diventata anche un gruppo di amici. Magna Grecia Lucana, infatti, è ormai anche un luogo di rapporti duraturi, una sorta di casa della cultura, dove giornalisti, poeti, cantanti, docenti e promotori culturali scambiano idee e giudizi a 360 gradi. Un luogo che non è solo poesia. Dove non sono estranei il cinema e il teatro, come dimostrano un recente cortometraggio e un’opera teatrale su Isabella messa in scena a Torino dall’associazione. Non è estranea la musica, come conferma la costante vicinanza al gruppo del cantore dei poeti Antonio Labate. Non è estranea la fotografia, come confermano le bellissime mostre di Angelo Allegretti. E non è estranea neppure l’arte dei profumi e delle fragranze, come conferma la duratura amicizia di Carmelina Guastamacchia Novembre. Magna Grecia, insomma, è un luogo dove è di casa tutto ciò che fa cultura.
Anche quest’anno l’associazione girerà in lungo e in largo la Lucania con i suoi eventi. Il primo è in programma a Valsinni il 13 agosto, alle 16,30. Si tratta della cerimonia di premiazione del concorso di poesia in lingua italiana “Isabella Morra”. Alla cerimonia saranno presenti i componenti della giuria Salvatore Verde (presidente), Angela Delia, Maria Cera e Marilena Varasano. Tra le autorità politiche ci saranno Gennaro Olivieri, sindaco di Valsinni, e Patrizio Lionetti, assessore comunale alla cultura. A conferma di quanto detto sugli ampi orizzonti dell’associazione, interverranno numerosi esponenti di associazioni e cooperative di impegno sociale: Antonella Santulli (Cooperativa sociale Pippo’s house), Franco Ricciuti ( associazione Gian Franco Lupo), Claudio Frontuto (Associazioni Lucane in Italia), Carmelina Guastamacchia Novembre. Nel corso dell’evento saranno esposte le mostre pittoriche di Felicia Cavallo e Angela Corizzo, la mostra scultorea di Mimmo Rago. Un appuntamento da non perdere.

Pino Suriano

10 ago 2008

"La Provincia di Matera adotti Cinemadamare"

Le bordate di Franco Rina alla Regione

NOVA SIRI – Franco Rina, direttore di Cinemadamare, è un fiume in piena. La carovana itinerante del suo festival torna a Nova Siri e porta con sé una tormenta di polemiche. E non perché l’evento stia andando male. “Anzi – spiega Rina - prosegue alla grande, con un numero crescente di giovani filmakers di tutto il mondo, che girano in lungo e in largo il sud Italia da quaranta giorni”.
Oggetto dei suoi strali è la Regione Basilicata, che ad oggi non ha ancora redatto un bando per gli eventi estivi. La circostanza, per i promotori di eventi culturali, è di quelle che fanno arrabbiare. “Stiamo lavorando al buio – spiega Rina – spendiamo soldi ed energie ma non sappiamo ancora come e quando potranno rientrare. Non capisco perché ad ogni cambio di assessore debbano cambiare anche le regole dei bandi, sempre redatti proprio quando tutti gli eventi sono ormai terminati. Non sappiamo quale somma di contributi avremo - prosegue – ma, quel che è peggio, non sappiamo neppure quali criteri saranno utilizzati per la loro assegnazione. Magari noi spendiamo una certa somma per la comunicazione e poi veniamo a sapere che non è ammessa a contributo. Tutto questo è semplicemente ridicolo”.
Viene spontaneo chiedergli se qualcosa del genere sia accaduto nelle altre regioni che hanno accolto il suo festival (Campania, Puglia, Calabria e Sicilia). Rina sorride: “Ma vogliamo scherzare? La Regione Puglia ha già stabilito tutto: vuole il progetto per il 2009 già entro il settembre 2008, così come il comune di Matera”. L’anello debole, insomma, è la Regione Basilicata, tra crisi politiche e remore burocratiche.
Sul tema interviene anche Gaetano Dimatteo, assessore alla cultura del comune di Nova Siri, che incrementa la miccia e lancia una proposta: “ Vista la situazione, per l’anno prossimo io chiederei alla provincia di Matera di assumersi la paternità dell’evento, magari coinvolgendo anche i comuni di Policoro, Scanzano e Metaponto. Cinemadamare potrebbe così diventare l’evento chiave del metapontino”. Il richiamo alla provincia di Matera non è casuale, come chiariscono i positivi riferimenti al lavoro dell’assessore provinciale Giuseppe Digiglio. Dimatteo non risparmia un riferimento (questa volta negativo) neppure alla Regione Basilicata, che a suo parere non avrebbe “mai creduto fino in fondo nel potenziale di Cinemadamare, evitando di metterlo al centro delle sue strategie”.
Ci si attende che Franco Rina smorzi, ma il giornalista di La 7 incalza. “L’idea non mi dispiacerebbe affatto, comincerò subito a lavorarci”. Anche perché lui stesso non ha visto, in Regione, una adeguata valorizzazione dell’evento. E prova spiegarne le cause: “Nova Siri, a Potenza, è considerato come Montegiordano (comune della Calabria vicino a Nova Siri, ndr.). Quasi non ci considerano lucani“. All’origine dello snobismo, perciò, non ci sarebbe “una contrapposizione tra Matera e Potenza, che in molti hanno sollevato, ma una scarsa valorizzazione del metapontino in rapporto alle sue potenzialità”. Insomma, se la Regione dà picche, perché non rivolgersi alla Provincia per una più autentica “presa a cuore” dell’evento? Staremo a vedere.

Pino Suriano

Cinemadamare torna a Nova Siri

Filmakers da 43 paesi del mondo e una nuova t-shirt artistica

NOVA SIRI - Nonostante ciò la rassegna non si ferma. Continua a viaggiare il cinefestival itinerante più lungo del mondo, con 1700 km percorsi in quaranta giorni. Il carrozzone “felliniano” (così ribattezzato dall’assessore Dimatteo) quest’anno ha trasportato filmakers provenienti da 43 paesi di tutto il mondo. “Abbiamo dieci paesi in più dell’anno scorso” commenta un orgoglioso Franco Rina.
Da una “bizzarra” famiglia di artisti lituani a un gruppo di simpatici spagnoli. E non mancano, naturalmente, gli italiani. “Non smetterò di fare Cinemadamare - commenta il direttore - fino a quando vedrò un azerbaigiano parlare con un messicano e dirgli ci rivediamo a Matera o a Nova Siri. E’ il mio primo grande orgoglio”. Cinemadamare si ferma a Nova Siri dal 10 al 15 agosto. Pur senza i grandi nomi del cinema, Rina promette ospiti ed eventi di grande interesse. Come il film Malatempora, proiettato nella prima serata, interpretato da Severino Saltarelli e Maddalena Maggi per la regia di Stefanio Amadio. Quest’ultimo (molti lo ricorderanno) fu il regista di Acliss, film girato proprio a Nova Siri e prodotto da Rina, che di fatto inaugurò la prima edizione di Cinemadamare, nel 2003.
Nei giorni successivi non mancheranno serate, per così dire, tematiche. Come quella sul cinema e la giustizia, che vedrà la partecipazione di Franco Alfano, primo reporter che riuscì a riprendere i luoghi del delitto Moro. Dovrebbe essere presente anche Giovanni Pellegrino, presidente della provincia di Lecce, già presidente della Commissione Bicamerale d’inchiesta sulle stragi.
Accanto a tutto ciò, naturalmente, i film in concorso, che ancora una volta saranno scelti dalla giuria popolare di Nova Siri la sera del 15 agosto. Una giuria che, in questi cinque anni, si è sempre dimostrata attendibile. Una prova? “Il Supplente”, film di Andrea Jublin vincitore l’anno scorso della rassegna, è stato ammesso quest’anno alle finali per gli Oscar del cinema.
E poi c’è il regalo che l’assessore Gaetano Dimatteo, artista di fama, ha realizzato per l’evento: una t-shirt dipinta di suo pugno, che già dal prossimo anno sarà realizzata in centinaia di copie e utilizzata ufficialmente dal “team” di Cinemadamare. “ Nel 2009 - ha spiegato Dimatteo - si tornerà a votare e io, per scelta, non sarò più assessore. Volevo lasciare qualcosa di mio a questo evento che ha segnato e continuerà a segnare la storia di Nova Siri”.

Pino Suriano

Rotondella ancora tra le fiamme

Grande spavento, venerdì sera, per gli abitanti del Rione Purgatorio

ROTONDELLA – Ha fatto davvero paura l’incendio divampato la notte scorsa a Rotondella. Un’immagine apocalittica circondava la collina rotondellese, percorsa dalle fiamme su tutto il versante nord, nei pressi del rione Purgatorio. Le fiamme hanno interessato una vasta area a ridosso dell'abitato e hanno distrutto dieci ettari di aeree rimboscate, di conifere e latifoglie.
Tanti abitanti sono usciti terrorizzati dalle case, e tanti giovani, di ritorno dalle serate estive della costiera jonica, hanno preferito non rientrare e pernottare fuori. Eppure, intorno alle 2 di notte non c’era ancora traccia dell’incendio. Ma già intorno alle 3 le fiamme si erano allargate con velocità straordinaria fino a invadere le campagne a diversi chilometri di distanza. Elemento decisivo, in tal senso, il fortissimo vento scatenatosi in quel frangente.
Un tram tram di telefonate ha messo in allarme tutta la comunità. Preoccupazioni immense per i tanti residenti del rione Purgatorio e del rione Cervaro, che hanno visto le fiamme a pochi metri di distanza dalle proprie abitazioni. Per sedare le fiamme, nella mattinata di ieri, si è reso necessario l'intervento di due mezzi aerei Fire Boss della Protezione civile, richiesti dal Comando Regionale del Corpo Forestale.
Sull’incendio sono intervenuti anche i carabinieri, i vigili urbani di Rotondella e i vigili del fuoco di Policoro. Questi ultimi hanno cessato le operazioni di spegnimento solo alle 16 di ieri pomeriggio.
Quello dell’altra notte non è stato il primo incendio avvenuto a Rotondella dall’inizio di questa estate, ma sicuramente il più pericoloso e difficile da domare. Negli ultimi giorni di giugno, infatti, il territorio era stato interessato da almeno tre fenomeni incendiari quasi consecutivi, esclusi quelli avvenuti a pochi chilometri di distanza in contrada Salice a Nova Siri. In quei giorni, è bene ricordarlo, la Regione Basilicata non aveva ancora approvato il suo piano antincendio per l’estate 2008.

Pino Suriano - www.ilquotidianodellabasilicata.it

Mimmo Cavallo al lido Rivolta

L'autore di Siamo Meridionali per la notte delle stelle

ROTONDELLA – Approda al lido Rivolta di Rotondella il cantauore Mimmo Cavallo. Il concerto è fissato per le 20,30 di questa sera nell’arenile antistante il camping Rivolta. L’artista di Lizzano è noto al grande pubblico per una serie di successi degli anni ’80. I suoi brani richiamano una meridionalità fatta di vita vera e contenuti reali. Da “Simme Meridionali” del 1980 a “Il sud del pianeta” del 1992, la sua musica ha accompagnato tante generazioni di immigrati del sud. “La sua meridionalità dei valori – commenta Veturio Viola, tra i promotori dell’evento – è tanto più significativa in questi tempi di arrogante leghismo”.
Oltre alla buona musica del cantautore tarantino, sarà possibile degustare prodotti tipici della zona presso gli stand allestiti nell’area del camping Rivolta. Prima dell’evento musicale, inoltre, ci sarà lo spazio per una pubblica lettura dell’autrice Antonella Lattanzi, a cura dell’associazione Federico II eventi.
Il reading si svolgerà come una sorta di racconto unico, in cui i brani letti saranno collegati gli uni gli altri da un unico filone narrativo. L'autrice leggerà brani, prose poetiche e racconti da: Col culo scomodo (Coniglio editore); Essere magri in italia (Coniglio editore); Leggende e racconti popolari della Puglia (Newton Compton editori); Suicidi falliti per motivi ridicoli (Coniglio editore); Come ci avesse fatto la stessa stella (Kult Virtual Press) Viaggio al centro del libro (Kult Virtual Press). Tra i relatori Donato Mastrangelo (Gazzetta del Mezzogiorno) e Michele Loiacono (Presidente della Federico II Eventi).

Pino Suriano - www.ilquotidianodellabasilicata.it

9 ago 2008

Tonino Bianco: quando l'agricoltore entrò in politica

Si presenta a Rotondella un libro sul politico lucano scomparso nel 2000

ROTONDELLA – Il 6 aprile 2002 erano a Rotondella Egidio Mitidieri, Filippo Bubbico, Gabriele Di Mauro e tanti altri politici lucani. L’occasione fu la cerimonia di scoprimento di un busto bronzeo in onore di Tonino Bianco, sindaco di Rotondella dal 1970 al 1978, consigliere regionale dal 1985, vice presidente della giunta regionale e assessore alle attività produttive dal 1993 al 1995 nelle fila del Psi, prematuramente scomparso il 7 giugno 2000. Realizzato dal maestro Antonio Cortese su iniziativa del Consiglio Regionale della Basilicata, il busto fu esposto nella sala consiliare già intitolata a Tonino Bianco.
Quel giorno si parlò di lui a tutto tondo, della sua passione politica e della sua capacità di gestire i rapporti, delle sue idee di sviluppo e della sua instancabile voglia di fare. Tanti aspetti che avevano, forse, una matrice comune. Lo disse con chiarezza Egidio Mitidieri, allora presidente del consiglio regionale: “La sua provenienza dal mondo imprenditoriale ed agricolo, gli conferiva la tenacia e la voglia di perseguire obiettivi realistici e concreti per lui raggiungibili con il lavoro e l’impegno di tutti e con il rifiuto di accettare passivamente la ineluttabilità delle cose”.
Tonino Bianco, insomma, portava in politica la cultura dell’imprenditoria agricola di allora: la voglia di sudare, di attendere con pazienza il raccolto dopo aver seminato, di tornare a rimboccarsi le maniche quando tutto sembrava perso, di collaborare stringendo rapporti amichevoli e duraturi, proprio quelli della campagna.
Questa sera si torna a parlare di lui, in piazza Albisinni a Rotondella. L’occasione è la presentazione del libro “Tonino Bianco, un protagonista. Rotondella tra riscatto sociale e contrasti politici”, a cura dell’associazione culturale Khorakhanè, edito da Archivia e finanziato dal Cosvel, Programma Leader+ Basso Sinni e Metapontino.
Un libro che non è un’agiografia politica, né il racconto nostalgico “dell’amico che non c’è più”. Il testo di Giuseppe Digiamma ha tutti i crismi dell’excursus storico, in cui l’uomo Tonino Bianco è il centro e, talvolta, il contorno di uno sfondo più ampio. Perché gli anni di Tonino Bianco, per Rotondella e il metapontino, furono anni decisivi: gli anni del Cnen-Enea, dello sviluppo agricolo e delle tanti aspirazioni mai realizzate. Le aspirazioni di un mondo agricolo che guardava a prospettive di internazionalizzazione del mercato, di una Basilicata che sperava di entrare nei grandi circuiti, che cominciava a sentirsi quella sorta di laboratorio all’avanguardia che forse non è mai stata.
Il libro integra le vicende politiche con i contributi di Antonio Pastore, Carmen Arena e Pino Suriano, sulla realtà locale degli anni ’70, dai fatti del Cnen-Enea alle trasformazioni dell’agricoltura del metapontino. Particolarmente interessante, inoltre, è l’introduzione dell’editore Battista D’Alessandro sul retaggio storico della campagna locale.
Ricalcheranno questi aspetti, nell’incontro di questa sera, tanti protagonisti di quegli anni, “amici e nemici” politici di Tonino Bianco. Dopo i saluti del sindaco Vito Agresti e del presidente del Cosvel Vincenzo Santagata, introdurrà i lavori Giuseppe Digiamma, curatore del libro e presidente dell’associazione culturale Khorakhanè. A seguire gli attesi interventi di Rocco Collarino, già consigliere regionale; Peppino Morano, già consigliere provinciale; Giuseppe Lapolla, già sindaco di Rotondella; Gaetano Persiani, già sindaco di Rotondella; Walter Lobreglio, presidente associazione Pio Latorre.

Città Aperte: la costituzione in lingua per gli immigrati

Il libro è stato presentato a Rotondella in un incontro dell'Arci La Tarantola

ROTONDELLA – Tutto è cominciato quest’inverno, quando Claudio Persiani e Maria Teresa D’Ambrosio, membri del direttivo Arci “La Tarantola”, hanno appreso dall’anagrafe comunale che a Rotondella erano registrati ben 150 immigrati, tra rifugiati kurdi, profughi albanesi e badanti dell’est europeo. Non certo pochi, per un comune con meno di tremila residenti effettivi, a testimonianza che il fenomeno immigrazione non è solo questione delle città o (equivoco ancor più grave) delle sole città del nord.
E’ partito da lì il loro desiderio di una iniziativa pubblica, che potesse riunire gli immigrati nel segno dell’accoglienza e dell’integrazione. Quale migliore occasione della presentazione di “Città Aperte”, testo della Costituzione Italiana tradotto in versione plurilingue su iniziativa del comitato nazionale dell’Arci e del Ministero della Solidarietà Sociale (la prefazione è dell’ex ministro di Rifondazione Paolo Ferrero)?

L’appuntamento, fissato per mercoledì pomeriggio in sala consiliare, non ha però sortito l’effetto sperato. Pochi gli immigrati presenti in sala. In maggioranza gli albanesi, scarsamente rappresentati kurdi e rumene. Pochi ma partecipi: alcuni di loro, infatti, sono intervenuti nel dibattito richiamando problematiche di grande interesse, come quella delle separazioni con i familiari rimasti in patria e delle difficoltà ad affrontare l’esame di guida in lingua italiana.
Dopo l’introduzione di Claudio Persiani e i saluti del sindaco Vito Agresti, ha preso la parola Gianni Brienza, Presidente Arci Basilicata: “Lo spirito della promozione sociale – ha detto – deve incidere sulle politiche nel campo dell’immigrazione. Non ci si può ridurre a momenti pubblici e interventi estemporanei”.
Sulla stessa lunghezza d’onda Grazia Cormio, coordinatrice progetti associazione Tolbà di Matera, che ha sottolineato il rischio di concepire in modo errato gli aiuti agli immigrati: “Loro stessi credono che qualsiasi intervento di aiuto sia un atto di carità. Ciò accade perché noi stessi non riusciamo a percepire che questi aiuti sono l’esito di un impegno sottoscritto dallo stato italiano a partire dalla Costituzione, non l’atto volontaristico di qualche soggetto di buona volontà. Naturalmente, sentendosi detentori di diritti, gli immigrati devono imparare a concepire anche i loro doveri. Da qui la grande utilità di questo libro sulla Costituzione”.

Sui recenti provvedimenti governativi in materia di immigrazione si è soffermata Gabriella Telesca, consulente legale Arci Solidarietà Lazio: “Non avremo mai un buon approccio al problema fino a quando continueremo a parlare dell’immigrazione come di un’emergenza. Dobbiamo prendere atto che la presenza di stranieri è ormai un dato stabile che bisogna affrontare in un’ottica programmatica. I recenti provvedimenti governativi – ha continuato – catalizzano male una crisi che ha ben altra origine, complicando solamente il lavoro dei tribunali”.
Ha chiuso la serie degli interventi Mohamed Amadid, mediatore interculturale della regione Basilicata, che ha sottolineato l’esigenza di una politica di ampie vedute, anche in ambito regionale: “Basta con la politica tappabuchi! Bisogna concepire iniziative ampie, valorizzando le realtà associative che realmente operano sul territorio, e non solo quelle che si fanno vedere quando c’è qualche contributo. Tra le cose urgenti – ha aggiunto – c’è l’esigenza di una rete di sportelli informativi, affinché gli immigrati possano raccogliere informazioni senza doversi recare per forza nei capoluoghi di provincia”.

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8 ago 2008

Rotondella si fa il look turistico

Isola pedonale, spazi gratuiti ai commercianti e cartellone ricco di eventi


ROTONDELLA – Rotondella si fa più turistica. Un’isola pedonale renderà più piacevoli le passeggiate dei turisti, mentre i gestori di bar e pub potranno utilizzare gratuitamente gli spazi pubblici adiacenti i locali per servire anche all’esterno. E’ l’iniziativa con cui il comune intende andare incontro alle esigenze degli esercenti, che in cambio dovranno abbellire le aree pubbliche concesse con fioriere e altri oggetti di ornamento.
Un “do ut des” di cui si gioverà anzitutto l’attrattiva turistica del centro storico. “L’iniziativa – ha specificato il sindaco Vito Agresti - mira a incentivare il flusso di affari dei commercianti locali, molto penalizzati nei mesi invernali per lo spopolamento del territorio, e a migliorare la qualità dei servizi per i turisti”.

La nuova forma gratuita di concessione avrà bisogno, però, di una qualche regolamentazione, affinché gli “ampliamenti” dei locali non arrivino a turbare il traffico veicolare.
Lo turberà di sicuro, ma in questo caso volutamente, l’isola pedonale, riproposta quest’anno dopo la positiva esperienza dell’anno scorso. Fino al 31 agosto non sarà possibile transitare da piazza della Repubblica (zona municipio) fino a piazza Albisinni, nei pressi della Chiesa Madre, dalle 21,30 alle 00,30. L’intento è quello di favorire il passeggio dei turisti e il gioco libero dei bambini. Unici penalizzati i residenti dell’area, che di fatto non hanno a disposizione un altro accesso veicolare alle proprie abitazione. Per loro il comune ha già predisposto, su richiesta, delle speciali autorizzazioni: potranno transitare, nelle ore di chiusura del traffico, con un solo passaggio e a velocità moderata.
A completare il richiamo turistico del centro storico c’è quest’anno un cartellone di eventi di tutto rispetto. A partire dalla rassegna musicale Rockondella, giunta alla XXI edizione, che si articolerà in un arco di tempo di circa quaranta giorni. Ampiamente distribuiti anche gli altri eventi, organizzati con un budget ben più corposo del solito, grazie ai fondi di compensazione ambientale (2,8 milioni di euro) ricevuti dal comune per la presenza del centro Itrec di Trisaia. “Potevamo spendere tutto per un solo grande evento e lasciare vuote tante altre serate – ha spiegato Antonio Pastore, assessore comunale alla cultura – ma abbiamo preferito distribuire il tutto nell’arco dei due mesi estivi, affinché nessuna serata sia completamente priva di una qualche attrattiva”.

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6 ago 2008

Quando la musica è "Elettrica"


A Nova Siri il primo festival di musica elettronica con i Retina.it

NOVA SIRI - La musica elettronica non era mai arrivata da queste parti. Forse perché considerata troppo alternativa, troppo “di nicchia” per sfondare in un contesto poco aperto alle innovazioni. Fino a quando Giuseppe Rucireta e Salvatore Labattaglia, due appassionati musicisti di Nova Siri, non hanno pensato di proporre il genere nel loro paese di origine. E’ venuto fuori uno degli eventi più originali del panorama musicale metapontino, in programma alle 21 di questa sera presso il Teatro Totò di Nova Siri. “Elettrica”, il Primo festival di musica elettronica della zona, raduna quattro gruppi di avanguardia: Retina.it, Electropuke, Tarantrance, Hyh.
Il genere musicale, non troppo noto al grande pubblico, si caratterizza per alcune specifiche. Per musica elettronica si intende, in senso generale, la musica prodotta con strumentazione elettronica. Ma poiché oggi gran parte della musica contemporanea è registrata, suonata, e scritta con l'ausilio di equipaggiamenti elettronici, l'espressione si applica in modo più appropriato a quelle produzioni in cui l'elettronica non costituisce semplicemente un mezzo utilizzato nel processo di creazione e registrazione dei brani, ma è intrinseca alla natura stessa del brano, come nel caso di incisioni dominate da sintetizzatori, campionatori, drum machine e così via.
Di particolare interesse per gli “iniziati” al genere sarà l’esibizione dei Retina.it, il duo campano composto da Lino Monaco e Nicola Buono, considerato dalla critica una delle “massime espressioni dell’elettronica italiana”. Già poco dopo l’esordio negli anni ‘90, il duo di Pompei impressiona la celebre Hefty Records di Chicago, che decide di pubblicare il suo Lp di esordio “Volcano.Waves 1-8”. Il 2004 è l'anno della pubblicazione del secondo album "s/t". Nel novembre dello stesso anno il duo si reca negli Usa per un minitour Hefty con TelefonTelAviv e L'Altra. Nel Luglio del 2005 Lino Monaco e Nicola Buono, affiancati da Marco Messina, sono ospiti di apertura al concerto dei Kraftwerk. Nell'aprile del 2006 partecipano ad uno degli eventi per il decennale della Hefty Records a Berlino, insieme a T.Raumshmiere, Slicker, Eliot Lipp.
Degna di interesse anche l’esibizione degli Electropuke, duo composto da musicisti originari della zona: Max Laguardia e Giuseppe Rucireta. Si tratta di un progetto che fonde le molteplici esperienze sonore accumulate nel corso degli anni, alla ricerca di una sonorità originale tra psichedelica ed elettronica, il tutto accompagnato da proiezioni video. Di qualità non inferiore, naturalmente, le sonorità di Hyh e Tarantrance, già ampiamente elogiate dalla critica di settore. L’evento è inserito nella rassegna Bagarre a Nova Siri, di cui rappresenta un momento originale, particolarmente orientato al gusto dei più giovani.

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Rotondella: grande successo per Campagna Amica

La kermesse annuale della Coldiretti convnce ancora

ROTONDELLA - Convince ancora il “richiamo della campagna”. C’era il pubblico delle grandi occasioni, lunedì sera, per la festa di “Campagna Amica”, evento promosso dalla sezione comunale Coldiretti. Grande centro di interesse, come prevedibile, sono stati gli stand espositivi delle aziende agricole locali: attraenti gazebo ricchi di frutta e prodotti di ogni genere, dai succhi alle marmellate, dai liquori alle crostate.
Quasi tutto, naturalmente, a base di frutta e prodotti della campagna, a testimonianza di una delle più straordinarie risorse della cultura rurale: la sua capacità di creare, dalle cose più semplici, i prodotti più belli e fantasiosi.
E’ il frutto di una dimensione di vita umana e autentica, il cui recupero, prima ancora che un discorso di marketing, è un possibile contributo di cultura e umanizzazione della società. E’ proprio questo l’intento programmatico di Campagna Amica, progetto nazionale di Coldiretti, che mira a sviluppare un dialogo aperto con il cittadino-consumatore, aprendogli le porte della campagna e della sua storia, avvicinandolo al prodotto che acquista e mangia.
Alcuni tra questi aspetti sono emersi nell’ambito del “salottino verde”, incontro pubblico sul tema “Territorio, Identità e Tipicità”, introdotto da Filomena Laguardia, presidente Coldiretti di Rotondella, e moderato dal giornalista Pino Suriano. Numerosi e interessanti gli spunti emersi, anche da un punto di vista politico. Tra questi l’emergenza idrica, richiamata dal sindaco Vito Agresti e dall’assessore comunale all’Agricoltura, Angelo Agresti, che hanno rivolto un appello alle istituzioni provinciali e regionali, affinché siano più vicine alle istanze delle comunità locali.
Si è parlato anche dei fondi di compensazione per la presenza del centro Itrec di Trisaia, circa 6 milioni di euro suddivisi tra il comune di Rotondella e la Provincia di Matera. Su quei fondi, come è noto, Coldiretti ha già redatto e consegnato alle istituzioni un nucleo di proposte dall’ampio respiro programmatico, con l’auspicio che i fondi siano spesi per il territorio e i settori che più risentono della presenza del centro.
Non si è sottratto alle sollecitazioni in merito Franco Labriola, Assessore all’Ambiente della Provincia di Matera: “Posso assicurare che su quei fondi non ci sarà trippa per gatti – ha detto l’assessore – nessuno ha intenzione di portarli fuori dal territorio che ne è beneficiario”. Lo stesso Labriola ha poi trasferito la volontà della Provincia e del presidente Nigro, “di valorizzare ancor di più Campagna Amica, un evento che davvero rende esplicite le peculiarità del territorio, a differenza di altre manifestazioni che hanno ben altri interessi”.
Ha accolto la proposta Pier Giorgio Quarto, presidente Coldiretti Provincia di Matera, che si è detto disponibile a una proficua collaborazione con le istituzioni, anche sul piano della programmazione. Sulle tipicità dell’agricoltura metapontina si è espresso invece Giuseppe Brillante, direttore Coldiretti Basilicata: “Il metapontino ha un ruolo di traino. La sua capacità di associare ortofrutta e agrumi al territorio, rendendoli quasi suoi ambasciatori, è una spinta decisiva anche per la valorizzazione delle tipicità dell’interno lucano”.
L’evento è poi proseguito con la simpatica gara dei “tagliolini” e della “sfoglia tirata a mano”. A seguire la tanto attesa degustazione dei prodotti tipici agroalimentari, allietata dal concerto “a tema” del gruppo musicale I Rvota Popl. Alla realizzazione dell’evento hanno collaborato anche le associazioni Rotunda Maris, Arcobaleno, Vittime della Strada e Gigi Giannotti. Un’ennesima dimostrazione, se ve ne fosse bisogno, della capacità degli agricoltori locali di aggregare e valorizzare le risorse sociali del territorio.

Pino Suriano - www.ilquotidianodellabasilicata.it

5 ago 2008

La crisi colpisce anche in spiaggia

Parlano i vu cumprà del lido di Nova Siri

NOVA SIRI – Mohamed e Hassin arrivano da Casablanca, in Marocco. La loro vita è simile a quella di tanti altri: un inverno in giro per l’Europa a cercare lavoro, poi l’estate sulle spiagge joniche per vendere qualcosa. Mohamed porta una grossa quantità di “prendisole” da donna, Hassin ha con sé centinaia di aggeggi tra accendini, orologi e giochi per bambini. Per quest’ultimo non è il primo anno sulle spiagge metapontine, ma quest’anno, a quanto pare, è il peggiore. Hassin è sconsolato, qui da noi la gente non compra più come una volta. E a Nova Siri si percepisce una notevole differenza anche rispetto allo scorso anno: “L’anno scorso avevo preso poca roba e l’ho venduta tutta, quest’anno ne ho presa tanta ma sto vendendo pochissimo”. Come mai? “Mi parlano di una crisi. Io non ne capisco tanto. So solo che la gente ora si scandalizza a sentire i nostri prezzi, che sono rimasti invariati rispetto agli anni scorsi. Eppure allo stesso prezzo compravano di più”. Le nuove elezioni gli hanno portato una speranza: “Sono sicuro che con Berlusconi questa situazione cambierà”.
L’amico, che segue un po’ più di televisione, gli spiega che dal nuovo governo, più che un risveglio economica, ci sarà da attendersi qualche norma di severità sui clandestini. Mohamed sembra meno pessimista. Ma chiarisce: “è il primo anno, quindi non posso fare confronti”. E poi lui vende abiti per le donne, che al piccolo “affare da spiaggia” non sembrano voler rinunciare. Ma questo non basta a colmare le aspettative di chi ha lasciato casa per un futuro che si prospettava certamente più roseo. Sui turisti del posto non hanno un giudizio cattivo e non si sentono maltrattati, ma l’Italia non è più la loro “America”. Quelle dicerie secondo cui basterebbe un’estate di lavoro per acquistare una casa in Marocco suscitano il riso di entrambi.
E’ per questo che le nuove leggi sui clandestini non fanno troppa paura ai due “commercianti” marocchini, entrambi clandestini senza documenti. “Ci mandano via dall’Italia? – prorompe Hassim – pazienza, vorrà dire che ce ne andremo. Andremo in un’altra nazione europea”. Il suo sogno è la Spagna, dove vorrebbe svolgere definitivamente il suo mestiere, imbarcandosi su un peschereccio. Mohamed, che non ha molto più di vent’anni, mira invece alla Germania. E’ lì che dovrebbe a iniziare a esercitare il mestiere che sta imparando, quello di meccanico automobilistico.
Ma anche fuori dall’Italia il problema dei documenti resta. E allora Mohamed, il più giovane dei due, ci scherza su: “Non ci resta che sposare una donna italiana e ottenere la cittadinanza. Io ci provo ma non è facile. Magari una anziana e ricca, di cui prenderò l’eredità”. Scherzare non costa nulla. Così come sperare!

Pino Suriano - www.ilquotidianodellabasilicata.it

4 ago 2008

Luisa "la santa" e il miracolo di Rotondella

L'avventura negli anni '30 della maestra Serafina Garofalo

Quasi nessuno sa che Rotondella è citata in un testo tradotto in sedici lingue, tra cui arabo, swahili e vietnamita. E quasi nessuno si ricorda di Serafina Garofalo, insegnante di Corato in servizio presso le scuole elementari del centro jonico intorno alla metà degli anni ’30. Le due cose sono in stretto collegamento, come racconta la biografia scritta da padre Bernardino Bucci, “Luisa Piccarreta, La Figlia della Divina Volontà”, pluritradotta e scaricata in rete da migliaia di utenti.
Proprio a Rotondella, infatti, la signora Garofalo avrebbe vissuto l’esperienza più traumatica, e al contempo straordinaria, della propria esistenza. Da poco abilitata all’insegnamento, la donna aveva ricevuto un incarico di lavoro nel centro collinare e per questo aveva preso in fitto una piccola casetta, dove si era stabilita per i giorni lavorativi. Qui le capitò, stando ai suoi racconti, lo spaventoso incontro con un uomo furioso, che avrebbe cercato più volte di entrare in casa per aggredirla, fuggendo solo alla vista di un crocifisso tra le sue mani.
Un uomo vero? Una presenza demoniaca? Serafina Garofalo non seppe dirlo con chiarezza. Incerta e turbata dall’evento, decise di lasciare temporaneamente l’incarico di lavoro, traslocò in tutta fretta e rientrò a Corato, in provincia di Bari. Qui la attendevano le ingiurie dei compaesani, che non credettero al racconto e la tacciarono di follia visionaria. Alle sue parole non credette neppure il marito, uomo di idee irreligiose, che le intimò di rientrare al lavoro. Le restava unicamente la fiducia dei suoi figli, che avevano vissuto con lei a Rotondella.
Sfiduciata e affranta, Serafina si recò in una casa di Corato, dove viveva, con sua sorella, Luisa Piccarreta. Questa strana signora sessantenne era già chiamata da tutti “Luisa la santa”. Viveva nel suo letto, senza alzarsi mai, da quando aveva venti anni, pregando e lavorando al tombolo per tutto il giorno. Non faceva altro. Così aveva trascorso tutta la vita, aperta ogni giorno dalla Santa Messa celebrata in casa sua e spesso allietata dalle visite di tanti suoi compaesani, desiderosi di confidarle i drammi più intimi in attesa di una sua preghiera o un suo saggio consiglio.
Tra questi arrivò, un giorno, anche Serafina Garofalo, per raccontare la vicenda di Rotondella. Luisa ascoltò con attenzione e subito rassicurò la donna in lacrime: “Non temere, il demonio non avrà più potere su di te”.
La certezza e la serenità con cui Luisa parlò convinsero la maestra, che si decise a tornare sul posto di lavoro, e per sentirsi più certa pensò di portare con sé una foto della stessa Luisa, che pose sul comodino della casa di Rotondella. Ma una sera, mentre si apprestava a pregare con i suoi figli, le accadde di vedere ancora quella strana presenza. Mentre si accostava a lei con fare minaccioso, però, l’uomo fu turbato dalla vista della foto di Luisa, che prese e scagliò a terra con violenza. Subito dopo sparì senza entrare mai più nelle vita, o nell’immaginario, di Serafina Garofalo. La vicenda finì in questo modo: la donna riacquistò la fiducia del marito e poté continuare a insegnare a Rotondella, dove lasciò un ottimo ricordo tra i suoi alunni i quali, stando alle dichiarazioni al Quotidiano di Bernardino Bucci, sarebbero tornati a trovarla a Corato anche nell’immediato dopoguerra, a circa dieci anni di distanza dall’esperienza scolastica. La foto di Luisa, rimasta stranamente intatta dopo quell’urto, è ancora preziosamente conservata dal figlio della maestra.


Ma chi era “Luisa La Santa”? E in che modo la sua vita poté meritarle un appellativo di questa portata?
Anche chi non crede nei miracoli e nella santità è costretto a stupirsi di fronte alla vicenda umana di questa donna. Perché la sua vita, in apparenza solo triste e sofferente, porta con sé qualcosa di misteriosamente bello e umano.
E non per i tanti eventi strani e presunti miracoli che aleggiano sulla sua esistenza (a cui si può credere o meno!) ma anzitutto per il suo modo di concepire la vita, il rapporto con la Chiesa e con il prossimo. Una vita santa si misura, infatti, anzitutto dai gesti più semplici, e perciò più umani. Sui presunti miracoli toccherà ad altri esprimere giudizi.
Luisa Piccarreta nacque a Corato il 23 aprile 1865, quarta delle cinque figlie di Vito Nicola Piccarreta e Rosa Tarantino. Già nella prima giovinezza fu protagonista di fenomeni particolari, come la sua frequente soggezione a uno stato di rigidità cadaverica, nel corso del quale dava comunque piccoli segni di vita.
La famiglia si rivolse alla scienza medica, ritenendo che si trattasse di una malattia. Nessuno, però, fu in grado di fornire un’ipotesi plausibile: la ragazza stava bene e su quegli strani stati di salute non c’era una spiegazione clinica.
Fu allora interpellato un sacerdote, l’agostiniano padre Cosma Loiodice, il quale, recatosi dall’inferma, tracciò un segno di croce su quel corpo immobile, che, fra la meraviglia dei presenti, fece riacquistare all’inferma le normali funzioni.
Partito il padre agostiniano, ogni giorno veniva chiamato un sacerdote qualsiasi, che con un segno di croce la riportava alla normalità. Non sempre, però, il dramma di Luisa fu compreso. Anzi, pare che alcuni sacerdoti l’abbiano giudicata addirittura un’esaltata, una nevrotica desiderosa semplicemente di attirare l’attenzione.
Ma intanto il fatto persisteva: questa ragazza non si svegliava e rimaneva nel letto immobile, anche per giorni, fino a che un sacerdote non giungesse a liberarla con il segno di croce. Non mangiava se non un paio di patate al giorno, che quasi subito era costretta a rimettere per una strana intolleranza al cibo.
Fu lei stessa, tra incredulità e scetticismo, a rivelare la ragione di quella “strana malattia”: aveva accettato di condividere la croce di Cristo, che le era apparso in visione portando la croce e chiedendole: “Anima, aiutami”. La straordinarietà dei fatti suscitò l’attenzione dell’arcivescovo di Trani, mons. Giuseppe Bianchi Dottula (1848-1892). Questi si informò subito sulla vicenda e decise di avocare a sé il caso, delegando addirittura un confessore personale per Luisa, nella persona di don Michele De Benedictis.
Questi, già noto per le sue doti di prudenza e saggezza, chiese alla ragazza di non fare più nulla senza il suo consenso e le ordinò di mangiare almeno una volta al giorno, anche se subito rimetteva il cibo ingerito.
Luisa acconsentì, certa della corrispondenza tra la Divina Volontà vissuta nella propria carne e quella rappresentata dall’autorevolezza della Chiesa. L’obbedienza all’una e all’altra cosa coincidevano.
E quando senti in sé il suggerimento di vivere tutta la vita al letto, per volere della Divina Volontà, chiese a Padre Michele il decisivo permesso. Questi acconsentì definitivamente il 1° gennaio 1889: Luisa poteva rimanere a letto, dove rimase per 59 anni, fino alla morte, ininterrottamente.
Con lo stesso animo lieto obbedì alla successiva indicazione della Chiesa. Il vescovo le chiese, infatti, di trascrivere su appositi quaderni il contenuto delle proprie visioni e meditazioni.
Molti di quegli scritti furono inviati in Vaticano per una valutazione approfondita dei contenuti, e alcuni di questi furono colpiti da censura. E’ sorprendente la serenità con cui Luisa volle subito abiurarli, riconoscendosi in errore se non in concordia con la sacra romana Chiesa.
Nella sua vita, come in tutte le vicende umane, non sono da nascondere limiti e disagi. Tanti sono i punti oscuri, in cui potrebbero rivelarsi possibili aspetti negativi della sua personalità. Da chiarire sono, infatti, i rapporti non sempre felici con alcuni suoi confessori, o l’esperienza nel convento di suore in cui visse per circa un decennio e da cui si scelse, a un certo punto, di estrometterla.
Che si tratti o meno di una santa, però, ha mostrato che la gioia umana non risiede solo in un corpo bello e sano, pieno di successo e carriere. La sua vita si concluse il 4 marzo 1947, dopo quindici giorni di malattia. Un’immensa folla si riservò sulle strade per l’ultimo saluto inneggiando a “Luisa La Santa”.

Pino Suriano - www.ilquotidianodellabasilicata.it

Il processo di beatificazione

Negli anni '80 iniziò tutto con l'associazione del Divino Volere


Luisa Piccarreta morì a Corato il 4 marzo 1947. Non appena si diffuse la notizia, una folla immensa uscì per le strade della cittadina pugliese inneggiando alla santità.

Le cose, però, richiesero tempi più lunghi. Solo negli anni ’80, infatti, si fece strada l’ipotesi di un processo di beatificazione. Con questo fine si costituì l'Associazione del Divino Volere, approvata dall'Arcivescovo di Trani-Barletta-Bisceglie, monsignor Giuseppe Carata. Il processo fu aperto nel 1996 nell'Arcidiocesi da S.E. Monsignor Carmelo Cassati, che istituì il Tribunale ecclesiastico. Dal 2001 divenne postulatore il sacerdote Sabino Lattanzio. Ci vollero quasi dieci anni per concludere la fase diocesana del processo: il 29 ottobre 2005, con una solenne cerimonia nella Chiesa Matrice di Corato, l'Arcivescovo di Trani, Monsignor Giovanni Battista Pichierri, trasmise ufficialmente gli atti al competente dicastero della Santa Sede per il prosieguo dell'iter canonico. Da allora la questione è al vaglio degli uffici competenti in Vaticano, dove si studiano gli scritti di Luisa (circa 36 volumi) con rigore e severità.E’ lo stesso rigore mostrato dall’associazione del Divino Volere, contattata telefonicamente dal Quotidiano. Per i suoi membri la beatificazione di Luisa non è qualcosa da ottenere per forza. Loro si occupano di ricostruirne la vicenda con scrupolo, sempre attenti alla verità e a ciò che è possibile attestare documentariamente. Poi deciderà la Chiesa.
Dal Vaticano non trapela molto, ma un aspetto “a favore” di Luisa sarebbe proprio la sua pronta obbedienza alle direttive della Chiesa, che si manifestò spesso nella sua vita. Sia quando si trattò di obbedire alle indicazioni dei sacerdoti (dagli orari quotidiano alle disposizioni sul cibo), sia quando si trattò di abiurare i suoi stessi testi perché colpiti da censura ecclesiastica. Questa sua prontezza al “passo indietro” è una sfida per ogni concezione soggettiva (tanto diffusa oggi) dell’esperienza religiosa, spesso vissuta solo interiormente come patetico conforto psicologico o interpretazione soggettiva (e spesso utilitaristica) della Parola evangelica. Magari giustificando il tutto facendo ricorso a un malinteso concetto di autonomia delle coscienze. Un esempio grande contro un modo di guardare la Chiesa fatto di “secondo me”, di “cattolicesimo adulto”, di “preferivo il papa di prima”, e di tutti i limiti in cui può cadere una concezione ridotta dell’esperienza cristiana.


Pino Suriano - www.ilquotidianodellabasilicata.it

Santi veri e falsi miti

Perchè la nostra società non sa più comprendere la santità

Tra i concetti più alterati dalla cultura di oggi c’è sicuramente quello di santità. Ne abbiamo un’immagine deviata, che spesso si associa esclusivamente a idee come la “straordinarietà” della vita e la “coerenza morale”. Guardiamo sotto questa lente anche l’antico simbolo dell’aureola, tanto significativo quanto incompreso.
Eppure non c’è nulla di più sbagliato. L’errore in questione ha una causa che non è difficile individuare: la tendenza ad applicare alla santità l’ideale di realizzazione umana suggerito dalla cultura dominante, non quello suggerito dalla Chiesa. E’ quell’ideale in voga da circa 600 anni (non per caso dalla fine di quel Medioevo che chiamiamo buio e oscuro) secondo cui, per essere realizzati, bisogna riuscire in qualcosa. Non basta essere uomini veri in rapporto al significato della vita, ma bisogna avere successo: essere un buon medico, giornalista, politico, mercante, etc. Insomma, essere “straordinari” in un particolare della vita.
Da qui tutta l’etica dei rapporti umani in voga oggi, quella secondo cui l’unico obiettivo sarebbe fare più dell’altro, sfidarlo e metterlo fuori gioco, con o senza qualche gomitata di troppo: è quello che accade in politica e nei posti di lavoro, nelle scuola con i bulli e tra gli stati con le guerre. Cambiano le forme, ma l’ideale è lo stesso.
Su questo punto potremmo facilmente prenderci in giro. Potremmo defilarci con la consueta disinvoltura e convincerci che questo ideale sbagliato non è il nostro, che riguarda “gli altri”, e che noi siamo solo le povere vittime di un mondo sempre più immorale. Del resto abbiamo da poco risvegliato, per questa ipocrita operazione, il sempreverde concetto di “casta”. Della quale, naturalmente, noi non facciamo mai parte!
Oppure potremmo provare a essere più sinceri, e confessare che l’ideale del “successo” è la prospettiva con cui quasi ogni mamma e papà guardano il proprio bambino già nella culla, sperando che per lui il futuro riservi una grande carriera. Quanti di loro, diciamoci la verità, desiderano per lui una vita santa, autenticamente umana? Quanti, insomma, vorrebbero davvero un figlio “santo” più che un figlio di successo?
O vogliamo riflettere, per esempio, sul pietismo con cui guardiamo l’esistenza di quelli che, per varie ragioni, non hanno la nostra stessa possibilità di successo: diversamente abili, malati e consimili? Come se il “bello della vita”, per gente così, non fosse veramente possibile…
Il bello della Chiesa è che se ne frega altamente di questo ideale del successo. In ogni circostanza, e perciò anche quando deve giudicare la santità di una vita. L’ho capito meglio nei mesi scorsi, quando, per buona sorte, mi è capitato tra le mani un libricino per molti versi eccezionale. E’ la trascrizione di quindici trasmissioni radiofoniche, tenute da Cyril Martindale per la Bbc negli anni ’50, edita in Italia da Jaka Book con il titolo “Santi”. Se qualcuno è in cerca delle solite agiografie grondanti miracoli, può chiudere subito e cambiare libro. Perché di miracoli, in queste intense 140 pagine, non c’è neppure l’ombra. In esse è raccontata, con essenzialità e chiarezza, la vicenda umana (e dico umana!) di tredici santi della Chiesa, senza che siano nascosti i tanti limiti e tormenti che li hanno condotti, dopo un cammino, a riconoscere l’unica cosa essenziale per la loro vita (l’annuncio cristiano) e a vivere felici per questo!
Tra queste brevi “Vite” mi ha colpito in particolare quella di Sant’Ermanno, detto lo “Storpio” (1013-1054). Era l’ultimo dei 15 figli di una ricca famiglia di nobili tedeschi. Per lui era in programma un futuro roseo e pieno di successo. Quando venne alla luce, però, il programma dovette subire variazioni: il bambino nacque storto e contratto, non poteva star ritto e non riusciva a scrivere, aveva la lingue e il palato deformati e perciò parlava a stento. Insomma, uno di quegli embrioni che tante mamme, oggi, preferirebbero lasciar marcire in laboratorio. I suoi genitori, sempre in quel medioevo cui si accennava prima, non potevano ancora pensare a una cosa del genere, e perciò lo mandarono in clausura pregando per il suo bene. Nell’esperienza del convento gli capitò di comprendere che la sua vita non era nulla, che la sua venuta al mondo, pur storpio e brutto, non poteva essere inutile e senza senso. Proprio come quella di ogni uomo sulla faccia della terra! Questa coscienza, soffiata nel suo cuore dalla bellezza dell’annuncio evangelico (addirittura un Dio fatto uomo per il bene di tutti… ma proprio tutti, compreso lui!), lo aprì a una dedizione straordinaria. Si innamorò praticamente di tutto, della matematica, dell’arabo, del greco e della musica. Ma soprattutto imparò ad amare, con passione e letizia, quel microcosmo di fratelli che aveva attorno a sé in convento. Le biografie in latino lo ricordano come “amichevole e ridente”, sempre “lieto e disponibile per tutti”. Eppure, “neanche per un istante la sua vita fu liberata dal dolore” che quel suo corpo malfatto gli infliggeva.

Martyndale annota semplicemente questo. Nient’altro! Ermanno non ha salvato vite, non ha donato nulla ai poveri e non ha combattuto le ingiustizie del mondo. Non poteva: era chiuso in convento. Con lui, però, scopriamo che per una vita santa, per una vita autenticamente umana, basta davvero solo questo: l’affezione al proprio destino e a chi si proclama “strada” per compierlo, la Chiesa.
Che ci possiamo fare se spesso, così facendo, si finisce per donare la propria vita contribuendo al bene del mondo? Studiando su una scrivania, come un certo Tommaso d’Aquino, al fianco dei poveri, come un certo Francesco d’Assisi, al fianco dei malati, come una certa Teresa di Calcutta, umanizzando la cultura e l’educazione, come un certo Giovanni Bosco, semplicemente pulendo le scale di un convento, come una certa Teresa del Bambin Gesù? Oppure ai confini del mondo, come un tal Francesco Saverio, per comunicare a tutti, instancabilmente, la bellezza straordinaria di quell’annuncio che cambia la vita?
Sono uomini che la Chiesa (a differenza nostra) non giudica solamente per quello che hanno fatto e per i risultati che hanno raggiunto. Oppure, come spesso si crede, solo enumerando il numero dei miracoli post mortem. Li giudica innanzitutto in base al perché lo hanno fatto, all’ideale che ha mosso anche i gesti più semplici della loro vita. Sono uomini diversi per indole e attività, ma simili nel piegarsi al gesto più semplice della vita, la preghiera, e uniti dalla certezza che ogni sforzo e riuscita umana sono un nulla effimero senza un destino buono che li accolga e li compia.
Il bello della questione è che tutto ciò è possibile veramente per tutti. Sul trono di Inghilterra, come capitò a Sant’Edoardo (1003-1006), o sul letto di casa, come capitò alla “nostra” Luisa Piccarreta. E perciò, in fondo, è possibile anche per ciascuno di noi. Conoscete un’uguaglianza più “uguale” di questa?

Pino Suriano - www.ilquotidianodellabasilicata.it

1 ago 2008

C'è un mercato nero del metadone?

Inchiesta dopo la vicenda del giovane intossicato

POLICORO – Ha fatto discutere la vicenda del giovane giunto in fin di vita per overdose di metadone, salvato dai medici di Rianimazione e Cardiologia dopo 72 ore di lotta contro la morte.
Ha fatto discutere perché molti, oltre a elogiare il buon operato dell’equipe medica, si sono chiesti dove il ragazzo avesse potuto reperire tali quantitativi del farmaco.
E’ noto, infatti, che il metadone non è una comune droga tra quelle proibite. Si tratta, al contrario, di un oppiode utilizzato a scopo terapeutico per liberare gradualmente i pazienti da dipendenza di droghe più pesanti. Non è generalmente commerciato sul mercato nero della droga, ma legalmente fornito presso i Sert (Servizi per le Tossicodipendenze), con dosaggio stabilito sulla base di indicazioni terapeutiche.
Poco da meravigliarsi, perciò, se si è ipotizzato che l’evento fosse dipeso da negligenza medica. “Se c’è un medico che lo ha salvato - avrà pensato più di qualcuno - c’è n’è anche uno che lo ha affossato con un dosaggio sbagliato”.
Ci tiene a fugare il dubbio la dottoressa Maria Franca Rina, responsabile medico del Sert di Policoro, e assicura che “il ragazzo, già da qualche tempo, non frequentava più quella struttura”. Dove avrà preso, allora, tutto quel quantitativo? “Questo non posso saperlo con certezza – spiega – ma posso supporre che lo abbia acquistato al mercato nero della droga”. Rina non rinuncia, inoltre, a un giudizio complessivo sul farmaco: “Di metadone non è mai morto nessuno. Una scarsa chiarezza su eventi del genere rischia di criminalizzare un farmaco utilizzato a scopo terapeutico, con cui si salva la vita di tante persone”. La dottoressa, anzi, dubita addirittura del fatto che un simile collasso possa essere stato causato dalla sola assunzione di metadone. “E’ probabile che il giovane lo abbia associato all’assunzione di qualche altra sostanza, come l’alcool”.
Non conferma l’ipotesi il dottor Paolo Panetta, primario del reparto di Rianimazione, tra i principali artefici della brillante operazione medica: “La diagnosi ha rilevato esclusivamente tracce di metadone – spiega – ma assunte in quantitativi superiori di almeno cinque o sei volte rispetto a quelli giornalieri forniti dai Sert”.
Sul reperimento dell’oppiode, però, Panetta ha un’ipotesi forse più interessante: “Credo che lo abbia acquistato in nero dagli stessi frequentatori del Sert. A loro viene fornita una dose giornaliera, e talora un razionamento settimanale. E’ possibile che alcuni non lo usino per sé e preferiscano venderlo ad altri”.
Ma perché avrebbe scelto il metadone, anziché fornirsi di una droga più pesante? “Si tratta di una persona che aveva frequentato precedentemente il Sert, ma poi aveva smesso. Forse, in una situazione di disagio, avrà pensato di acquietarsi con quel farmaco, senza essere attento al dosaggio. Il metadone, infatti, a differenza di altre droghe più pesanti, offre una sensazione di apparente sollievo più duratura, circa 24 ore. Una persona uscita dalla dipendenza potrebbe concepirla come un sostituto ideale di altre droghe, pur privo delle opportune indicazioni mediche”.
Sulla vicenda gli operatori di rianimazione e cardiologia realizzeranno una pubblicazione. Finirà dunque nella letteratura medica, per i suoi aspetti di originalità, questo caso sfortunato (ma fortunato nell’esito finale!) e in parte ancora da chiarire.

Rotondella: le lamie diventano un ristorante

Inaugurata l'iniziativa della famiglia Gentile-Suriano

ROTONDELLA – Le Lamie di Rotondella offrono, come è noto, una delle più suggestive vedute sullo Jonio. Da un luogo che ha sapore di “antico”, lo sguardo è proiettato su un orizzonte ampio, che abbraccia la costa dalla Puglia alla Calabria. Alla suggestività della veduta e dell’architettura del posto si potrà affiancare, da oggi, anche il gusto prelibato della cucina locale. Si inaugura questa sera, infatti, il ristorante “Le Lamie”, che avrà il suo punto di forza nella grande tradizione culinaria del territorio, nota in particolare per la produzione di pastizzi, falagoni e frizzuli.
Una garanzia infallibile, in tal senso, è la gestione familiare dell’attività. L’iniziativa è realizzata dalla famiglia Gentile–Suriano, che già si è distinta per una buona vivacità turistico-imprenditoriale con la gestione delle case albergo “A Ferachiusa”. Il “salto” alla ristorazione va a compiere, dunque, un percorso già avviato di valorizzazione delle risorse territoriali.
La scelta delle Lamie, del resto, non è casuale. Il luogo rappresenta ormai un simbolo del territorio, per il suo valore storico e l’eleganza della struttura. Non stonerà con tutto ciò, naturalmente, l’arredo interno del locale, pensato con gusto e cura dei particolari.
“Sono convinto – ha spiegato Pasquale Gentile – che per il nostro territorio è possibile il salto di qualità sul piano dell’attrattiva turistica. E’ necessaria, però, un rapporto collaborativo e non concorrenziale tra i diversi operatori e una concertazione unitaria con le istituzioni”.
L’iniziativa, come tutte quelle pensate per i borghi lucani, rappresenta una scommessa interessante e dall’esito non scontato. Il ristorante “Le Lamie”, insomma, dovrà convincere per qualità della cucina e genuinità dei prodotti. Ma ha già un importante punto a suo favore: una serata in un luogo così è desiderabile sia d’inverno che di estate!

Pino Suriano - www.ilquotidianodellabasilicata.it