31 lug 2013

Testa radioattivi sul tragitto delle scorie. L'Arpa rassicura: "Non c'è stata contaminazione"

La notizia della Repubblica

http://bari.repubblica.it/cronaca/2013/07/31/news/trasporto_nucleare-64069209/?ref=twhl&utm_source=dlvr.it&utm_medium=twitter

E adesso il senatore Petrocelli se la prende con chi ha fatto lo scoop

E' delle 16 il nuovo comunicato del Senatore a 5 Stelle Vito Petrocelli. NOTARE SOPRATTUTTO L'ULTIMA PARTE, IN CUI SEMBRA PRENDERSELA CON CHI HA FATTO LO SCOOP (PICCENNA E FARINA, SI INTENDEREBBE, ANCHE SE NON SI FANNO NOMI).  A ME PARE CHE ABBIANO FATTO QUELLO CHE DOVREBBE FARE OGNI BUON GIORNALISTA, CHE VIVE DI QUESTO. 
IL TONO PARE MOLTO OFFENSIVO. 

"Lo scoop può darsi che renda qualche spicciolo o un po’ di notorietà, ma di sicuro ha fatto perdere un’occasione di crescita a tutti noi, con il coinvolgimento popolare e democratico dei cittadini».


ITREC TRISAIA: L’ITALIA NON È UN PAESE NORMALE

«Il Movimento 5 Stelle, in merito al trasporto dell’altra notte di materiale radioattivo tra la Basilicata e la Puglia, da Rotondella all’aeroporto militare Nato di Gioia del Colle, chiede ufficialmente che vengano resi pubblici i dati contenuti nelle due centraline di controllo presenti al centro Itrec e chiede ufficialmente che venga verificato da Ispra e Arpab se l’operazione non ci sia anche costata una contaminazione del territorio.
Questa richiesta avrebbe dovuto farla immediatamente il governatore dimissionario, Vito de Filippo, schiaffeggiato dalle istituzioni, insieme al suo collega Niki Vendola, visto che neanche loro, al pari dei sindaci, sono stati avvertiti dell’operazione radioattiva, invece di perdersi in comunicati stampa di rammarico e in una richiesta inutile, a buoi scappati dalla stalla, dell’istituzione di un “Tavolo di trasparenza”.
Quanto accaduto l’altra notte, all’insaputa di due intere popolazioni, dei propri sindaci, dei governatori, dei rappresentanti in Parlamento e degli organi di stampa, è la prova provata che in Italia non si vive in una democrazia compiuta. Il nostro è un sistema condizionato dagli interessi commerciali di poche lobby economico-militari e dagli interessi politici di quei quattro partiti che hanno occupato lo Stato. Quattro partiti che, per via del consenso che quotidianamente perdono, sono sempre più politicamente deboli e politicamente ricattabili, non solo dalle lobby con le quali oramai sono un tutt’uno, ma anche dalle altre nazioni, le quali possono permettersi il lusso, come fanno gli americani, di lasciarci le loro scorie (le barre di Elk River) e di prendersi, molto probabilmente, del combustibile nucleare (utile commercialmente o militarmente), trasportandolo negli Usa addirittura in aereo.
È inaccettabile che a tre giorni dall’accaduto, nonostante la gravità dell’accaduto e nonostante il clamore che la notizia ha scatenato, il Governo italiano non dia ancora una risposta ufficiale su cosa sia stato realmente portato via dal centro Itrec sullo Jonio e sul perché siano state evase tutte le regole di trasparenza e di sicurezza previste, in caso di trasporto di materiale contaminante, dalle stesse leggi dello Stato italiano.
È inaccettabile che non siano stati avvisati i Comuni del trasporto radioattivo È inaccettabile che finora abbia “parlato” una partecipata dello Stato italiano, la Sogin, che con arroganza, in un laconico comunicato, a trasporto già avvenuto, ha espresso genericità senza alcun valore e senza rispetto delle regole di trasparenza.

E, purtroppo, a dimostrazione di come l’Italia non sia più un Paese normale, è anche inaccettabile che chi ha permesso con la sua azione di venire a conoscenza del trasporto radioattivo, si sia poi mosso con la stessa poca trasparenza della Sogin, del Governo italiano e del Governo americano, tenendo per sé tempi e modi dell’operazione, evidentemente nota a pochi già da alcuni giorni.

Lo scoop può darsi che renda qualche spicciolo o un po’ di notorietà, ma di sicuro ha fatto perdere un’occasione di crescita a tutti noi, con il coinvolgimento popolare e democratico dei cittadini».

La dichiarazione è del Portavoce al Senato della Repubblica per il M5S, Vito Petrocelli.
Ufficio stampa M5S

Trasporto uranio Italia - Usa da Itrec Rotondella. Ecco tutti i link più interessanti e i twit sulla vicenda

Le barre di Elk River ancora in Trisaia

I LINK CHE AL MOMENTO CI SEMBRANO PIU' INTERESSANTI













la riflessione di No Scorie International http://jonicanotizie.blogspot.it/2013/07/no-scorie-international-riflessioni-sul.html

L’articolo di Giuliano Foschini su Repubblica (da notare: scrive che la notizia sulle barre di Elk River, poi smentita, sarebbe giunta da fonti di Polizia... e in basso leggete il suo twit) http://bari.repubblica.it/cronaca/2013/07/30/news/nucleare-64004150/?ref=HREC1-10

L'articolo di Filippo Mele sulla Gazzetta del Mezzogiorno pubblicato oggi (quello più chiaro sul contenuto di ciò che sarebbe stato fatto uscire) http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/un-blitz-per-l-uranio-all-itrec-di-matera-ma-le-barre-no641136

L'articolo di Ivano Farina, uno dei due giornalisti che hanno seguito il carico, oggi su Il Manifesto http://www.karakteria.org/contenuti/13/07/31/qualcosa-%C3%A8-andato-storto

L'articolo di Nicola Piccenna, l’altro giornalista che ha fatto lo scoop del trasporto, che già qualche giorno prima del trasporto poneva domande al Ministro Alfano e al Viceministro Bubbico (interessante la data e attenzione alle domande poste) http://www.toghelucane.blogspot.it/2013/07/rifiuti-radioattivi-nel-centro-enea.html


L’intervista a Radio Radicale di Nicola Piccenna che racconta la notte passata a seguire il carico http://www.radioradicale.it/scheda/386851/le-scorie-nucleari-dellitrec-intervista-a-nicola-piccenna

L'articolo del Quotidiano della Basilicata, il primo giornale che aveva dato la notizia sull'espatrio in USa del materiale (inizialmente si era parlato delle famose barre) http://www.ilquotidianodellabasilicata.it/news/cronache/715217/Addio-alle-barre-d-uranio-dell.html


Il servizio del Tg3 postato dal blog di Ottavio Frammartino (http://ottavioframmartino.blogspot.it/) http://www.youtube.com/watch?v=nuX_E9Pd2ec

L'articolo del Metapontino.it con la "quasi smentita" di De Filippo, già nel pomeriggio di ieri http://www.ilmetapontino.it/cronaca/10361-le-barre-di-elk-river-de-filippo-non-credo-proprio.html

L'interrogazione dei Senatori del Movimento CInque Stelle arrivano, che scrivono, tanto per rassicurare: "non può essere ignorato il rischio grave che sia avvenuta una perdita importante di acque contaminate delle piscine che raffreddano le barre di Elk River"


La notizia è stata data anche dall’ International Business Times (prima di ieri pomeriggio) http://it.ibtimes.com/articles/53688/20130730/m5s-scorie-nucleari-basilicata-interrogazione.htm

Il commento del blog ambientalista Blogeko http://blogeko.iljournal.it/macche-scorie-radioattive-da-rotondella-e-uscito-uranio-arricchito-di-interesse-militare/75232



Alcuni simpatici tweet sulla vicenda 

ANTONIO INGROIA

MAGDI ALLAM

FABIANO FOSCHINI (GIORNALISTA DI REPUBBLICA PRIMA CITATO) 

IL SENATORE DEL M5S PETROCELLI


IL SINDACO DI NOVA SIRI CHIEDE LA TRAMISSIONE IN STREAMING DEL TAVOLO DELLA TRASPARENZA 


LE SPERANZE DEL SENATORE MARGIOTTA, POI DISILLUSE


ANCHE IL SOTTOSEGRETARIO AI TRASPORTI, DE ANGELIS, CI AVEVA CREDUTO E LINKAVA REPUBBLICA


30 lug 2013

Nuovo aggiornamento sul caso scorie. Per No Scorie ( e per Vito De Filippo) le barre di Elk River sarebbero ancora in Trisaia.

All'ora in cui scriviamo (00.21) i siti del Quotidiano della Basilicata e di Repubblica continuano a tenere aperte le loro pagine con la notizia della partenza delle barre di Elk River dalla Trisaia di Rotondella. La Ola Channel e No Scorie Trisaia, invece, accertano che sarebbero ancora in Trisaia.




Quest'ultima versione al momento appare più fondata, in virtù di altre simili testimonianze provenienti dal territorio (non verificate) e dalla vicinanza alle fonti. Oltre che, naturalmente, per la difficoltà a immaginare che un simile carico (quello delle barre di Elk River) si sia potuto gestire senza tutti gli accorgimenti che Sogin stessa aveva preannunciato più volte e che erano previsti per tempi più lontani. In questo senso anche la risposta approssimativa, ma in sostanza negativa, del Presidente Vito De Filippo al Metapontino.it

Si aprono allora le domande su cosa sia uscito, con gran clamore, dalla Trisaia. E non manca chi si interroga su cosa sia potuto entrare, con meno clamore, in Trisaia. Si spera niente. Probabilmente nulla di radioattivamente sensibile, speriamo neppure nulla di "funzionale".
Ci sono sempre due opzioni: la sfiducia preventiva nelle Istituzioni e la fiducia preventiva nelle istituzioni. Noi , anziché creare allarmismi, preferiamo partire dalla seconda. Almeno partire...

Ritorno barre di Elk River, la notizia è fondata, Sogin conferma. Impegni presi a Seoul nel marzo 2012

Sogin ha confermato la restituzione agli Usa di "materiali nucleari sensibili di origine americana" dal centro Itrec della Trisaia di Rotondella.

La nota stampa della Sogin diramata pochi minuti fa
“Si è concluso oggi il rimpatrio negli Usa di materiali nucleari sensibili di origine americana, che erano custoditi in appositi siti in Italia per attività di ricerca e di sperimentazione”. La spedizione – come spiega la società di Stato incaricata della bonifica ambientale dei siti nucleari italiani e della gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi – è avvenuta “in ossequio agli impegni presi dall’Italia in occasione del Vertice sulla Sicurezza Nucleare a Seoul nel marzo 2012″ nell’ambito di un “Accordo internazionale tra Usa ed Euratom sull’utilizzo dell’energia nucleare a scopi pacifici”.

Qui il link alla notizia  data dall'emittente televisiva Trm. 

Mistero Enea, secondo il sito del Quotidiano le barre di Elk River tornano negli Usa. Se è così c'è da festeggiare

Ha dell'incredibile la notizia da poco  pubblicata sul sito del Quotidiano della Basilicata, secondo cui il misterioso carico del 29 luglio scorso, che di notte aveva trasportato materiale sconosciuto fino all'Aeroporto di Gioia del Colle, avrebbe restituito agli Stati Uniti le famose barre di Elk River custodite presso il Centro della Trisaia. Si tratterebbe di un'azione pianificata da tempo, che avrebbe previsto il trasporto di materiale radioattivo non solo da Rotondella. Se confermata (scrivo a pochi mi
Una foto delle barre di Elk river scattata da Pino Suriano nel 2012
nuti dalla pubblicazione) sarebbe una bellissima notizia per il territorio, attesa da tempo. Si aprono anche tante domande: 


1. Perché proprio ora? Grazie a chi? Se gli Usa dissero no a Gianni Letta (come ricorda un noto cablo trafugato da Wikileaks) perché ora hanno detto di sì? Quali uomini politici, a questo punto, hanno il merito? Chi ha negoziato? Quali se ne vanno, quelle in piscina o le altre venti? Gli ambientalisti accetteranno che è una bella notizia, o per partito preso si metteranno a concertare sui metodi di trasferimento insicuri, senza i cask dei quali si era parlato tanto e senza i quali sembrava non si potessero trasferire?
Come si giustificherà la presenza sul territorio, già troppo lunga e per molti ingiustificata, della Sogin? Solo con i posti di lavoro? Cosa farà ancora questo ente, ventitrè anni di cronoprogramma solo per le altre scorie (il problema vero erano queste)? Cosa dirà ora il senatore Vito Petrocelli del M5S, che ieri aveva paventato, sulla base di fonti non chiare, la "fuoriuscita di materiale radioattivo"? Se la prenderà con le sue fonti per l'allarme provocato? A mettere dubbi ci aveva pensato anche Antonio Ingroia, "c'è del marcio in Danimarca", aveva scritto qui poche ore fa

Troppe domande. Ora no, ora bisogna fare festa.
"Nunc est bibendum, unc pede libero pulsanda tellus"
"Ora si deve bere, e con il piede battere la terra in libertà". Orazio Flacco, Ode I,37

Su Google News la Gazzetta del Mezzogiorno, quattro minuti fa, dava la notizia delle interrogazioni parlamentari, il Quotidiano della Basilicata, invece, da tredici minuti ha dato la notizia che conta (e speriamo che sia vera). Intanto, Ivano Farina e Nicola Piccenna, i giornalisti che hanno filmato il carico, annunciano che sarà pubblicato presto sul sito del settimanale Oggi. 

Complimenti al giornale




25 lug 2013

Un giorno, l'ennesimo, al pellegrinaggio Policoro-Anglona

Don Salvatore De Pizzo e Graziella Larocca
POLICORO - Bisognerebbe entrare nel cuore di tutti quelli che camminano, penetrare nei loro desideri e nelle ansie di quel momento.  Bisognerebbe conoscere ciò che ciascuno ha ricevuto o perso negli ultimi mesi, i suoi dieci o cento motivi per chiedere o dire “grazie”.

Solo così si coglierebbe tutto il "pieno" di umanità di un pellegrinaggio semplice e bello come quello che va da Policoro ad Anglona organizzato dalla Parrocchia Buon Pastore di Policoro a vent’anni dalla prima edizione.

E' facile, per chi non ci crede, banalizzare un pellegrinaggio come un gesto di irrazionalità devozionistica. Ma cosa c'è di più naturale di un uomo che ha qualcosa da chiedere? Cosa c'è di più serio, se per qualcosa è disposto a muoversi, a faticare, alzarsi alle tre del mattino e stare sulla strada per almeno cinque ore, anche se si hanno più ottant'anni e si riesce a malapena a camminare? Cosa c'è di più eroico?

Se non ci fosse stata questa molla potente e profondamente umana (“l'istinto di preghiera”, antichissimo e connaturato nell'uomo)  difficilmente avrebbe retto una tradizione come quella avviata da don Salvatore De Pizzo e dai suoi parrocchiani.

Cambiano le generazioni, ma deve essere commovente, per questo sacerdote ultrasettantenne, vedere all'alba i volti di tanti giovani che venti anni fa, quando tutto è cominciato, ancora non c’erano. Ma è bello vedere anche i tanti seguaci storici, che non vogliono rinunciare, neppure per un anno, a toccare il velo dell'amatissima Vergine di Anglona, oggetto di una devozione sempre più ampia e tenera.

Sempre di aiuto è la guida di don Salvatore, spesso scherzoso ma sempre pronto a indicare la meta. "Tutto diventa più bello quando si ha la stessa meta". Ed è dolce la voce della signora Graziella Larocca, quando canta la canzone della Madonna Curr curr a La Cappella, quando la generosità della famiglia Tucci apre la propria casa ai piedi del Santuario per accogliere i pellegrini con una genuina colazione. Ma tutto, davvero tutto sgorga di umanità in questo gesto, compresi i canti. "C'è che spera Signor, vieni a Noi", si è cantato più volte sabato mattina. Il fatto che ancora qualcuno speri e che per quella speranza sia pronto a fare strada e fatica, a venti o a settant'anni, è il segno che non tutto è perduto in questi tempi di incertezza e sbaraglio. Lunga vita al pellegrinaggio, che ogni anno, come il vino di qualità, diventa sempre più buono.


Pino Suriano - scritto per Il Quotidiano della Basilicata

23 lug 2013

Don Tommaso Latronico e quella "febbre di vita" che invase il Sud

Il 20 luglio 2013 si è celebrato il ventennale della morte di don Tommaso Latronico, uno degli uomini più decisivi per la diffusione in tutta Italia del Movimento di Comunione e Liberazione. 


Ne ho scritto su Tempi.it, precisamente qui, e sul Quotidiano della Basilicata, lo trovare qui. Consiglio, però, di leggere il testo integrale  inviato al Quotidiano, riportato di seguito. Questa volta ho scritto con un di più di passione, con un "daimon" più potente, come se la lettura che mi ha introdotto alla figura di don Tommaso mi avesse reso più presente il tutto. Sono contento per ciò che ho scritto, ma ancora più per ciò che ho scoperto.
I tanti ringraziamenti ricevuti per questo testo, inoltre, sono stati per me motivo di conforto e conferma della fede. L'augurio è che il seme di don Tommaso possa continuare a dare i suoi frutti. Tanti si sono visti già domenica, in occasione della semplice ma bellissima celebrazione in suo onore. Qui trovate le bellissime foto realizzate dal professor Nino Oriolo e pubblicate sul sito terrejoniche.it. 

Ecco l'articolo completo


Don Tommaso e quella “febbre di vita” che invase il Sud

di PINO SURIANO
Si può prendere la Basilicata, girarla in lungo e in largo e rivoltarla come un calzino, ma non si troverà mai, secondo me, una “cosa” come quella che ha fatto qui don Tommaso Latronico. Se ne potranno trovare di diverse, per qualcuno anche migliori, e si potranno giudicare le sue opere con severità e scetticismo, ma un’altra “cosa” del genere non si troverà. Si spense il 20 luglio del 1993, vent'anni oggi, quando lo stroncò una terribile leucemia. Eppure quasi viene difficile scrivere che "non c'è più". Bisogna stare a Nova Siri, tra quelli che lo hanno conosciuto, per cogliere questa strana contraddizione che permea l'aria, questa assenza che proprio non ce la fa a non essere presenza.
Don Tommaso ancora c’è, nell'intitolazione di aule e palazzetti in suo onore, nell’anima di tante iniziative lavorative avviate sotto il suo impulso, ma soprattutto nel pensiero e nella preghiera costante dei suoi amici o nel ricordo di tanti altri, magari anche rammaricato (“quando c’era lui era tutto diverso, ora invece...”). Forse riesco a dare un'immagine concreta di questo clima quasi surreale: ho notato che chiunque lo abbia conosciuto anche solo di striscio, non appena si fa il suo nome, diventa più serio, non serioso ma serio. E’ una cosa strana, magari si sta scherzando e parlando rilassati, ma quel solo nome basta a cambiare il clima e i volti, mette sul piatto una tensione diversa o chissà cosa. E’ quasi una sacralità, non mistica, bensì familiare, vicina.

Ma perché? Cosa ha portato don Tommaso? Cos'è questa "cosa" che ha comunicato? Ho pensato a tanti modi per esprimerlo, dopo aver letto i suoi pensieri dal libro di scritti e testimonianze che ha raccolto il parroco di Nova Siri, don Mario La Colla, e che sarà diffuso nei prossimi giorni (si veda il box in pagina). Dopo tanti indugi, l’espressione più bella mi è parsa la metafora coniata da un missionario instancabile e creativo morto in Perù pochi anni fa, Andrea Aziani: “febbre di vita”. Sì, don Tommaso ha diffuso, quasi fosse un virus, una febbre di vita: uno slancio sulle cose, una passione, una voglia di affrontarle, capirle, goderle, “mangiarsi il mondo”.
C’entrava il cristianesimo, ma in un modo speciale e mai visto in Basilicata prima d’allora. Si chiamava, si chiama, Comunione e Liberazione. Era qualcosa che aveva un’espressione, per così dire, socialmente visibile: si facevano feste, vacanze in montagna, ci si sosteneva economicamente, ci si metteva a vivere e pregare insieme a scuola o all'università, a leggere e a studiare (mi dicono amasse l'Eneide), fino a lanciarsi  (e perché no?) nell’agone della politica.
C’era un amico che aveva un problema? Mi raccontano che diventava subito anche il suo. Da risolvere, mobilitando risorse, conoscenze, idee. E così imparava a fare (o meglio, si ritrovava a fare) anche chi stava con lui. Alcuni gli resistevano, magari lo odiavano mentre lui continuava a discutere e a proporsi, anche con durezza, ma non odiava mai. E così molti di quei vecchi avversari, alla fine, si trovavano a seguirlo. “Andiamo a Nova Siri per il giro della gente che c’è”, dicevano Giancarlo Cesana e Peppino Zola, tra i principali leader del Movimento di Comunione e Liberazione negli anni ‘80, come se quell’esperienza di fede avesse lì, in quel lembo dello Ionio, un bagliore speciale.
Non sono certo di esprimere la mia percezione di testimone indiretto di quel clima, e spero davvero che i volti delle foto in pagina diano un'immagine di quella sicurezza, coscienza, febbre di vita, “baldanza” (il copyright è di Luigi Giussani) che tante testimonianze scritte comunicano. O spero, almeno, che suggeriscano la curiosità profonda che destano in me: cosa c’era di così bello in quegli istanti, in quell’amicizia?
E dunque, come ha fatto don Tommaso? Be', una febbre si comunica per contagio, portandola addosso. Don Tommaso, infatti, la portava addosso e lui stesso  l’aveva ricevuta per contagio, incontrando a Roma don Giacomo Tantardini (1946-2012), tra i più cari amici italiani dell’ex cardinale Jorge Bergoglio, ma soprattutto uomo ferito (“attratto”, amava dire lui) da quel genio della Chiesa moderna che risponde al nome di don Luigi Giussani (1922-2005), del quale anche don Tommaso fu caro amico.
Ho avuto la fortuna, dicevo, di leggere il libro in anteprima e ho letto i suoi pensieri. Li ho letti con curiosità, ma in fondo aspettandomi una conferma a quanto già sapevo di Gesù e della Chiesa. Ne sono uscito stordito: c’era qualcosa di più, una percezione delle cose che raramente avevo avvicinato, a tratti in apparenza confusionaria e quasi inaccessibile, ma sempre profondissima. Eppure un tema sembra una costante onnipresente, esplicita o in sottofondo: all'inizio del cambiamento, di ogni consistenza della vita, c'è un incontro. L'incontro, parola decisiva per don Giussani, era carissima anche a lui. Ebbene, cosa ha incontrato don Tommaso? Basta chiederlo ai suoi testi. Risponde con una parola, una sola: Gesù, uno al quale, ogni tanto, in quelle pagine si dà addirittura del Tu.
La vita di don Tommaso è una di quelle che fanno pensare a Gesù non come a una rarefatta essenza spirituale, ma una cosa concretissima che cambia la vita, la trasforma, la sballotta, la rende bella. E’ un’ipotesi che anche oggi incuriosisce e interroga. Il grande sforzo evangelizzatore di Papa Francesco spinge molto in questo senso, e nel suo piccolo (che poi tanto piccolo non è) c’è anche don Tommaso. Ricordare lui che non c’è più, oggi, riapre la domanda e la speranza sulla possibilità di incontrare Gesù. Il quale, invece, ancora c'è. In fondo don Tommaso ha vissuto per questo. Anzi, ha vissuto “di” questo.
Pino Suriano




In un libro i suoi pensieri. “O si cambia o si muore”

“Dare la propria vita per l’opera di un Altro. Don Tommaso Latronico. Scritti, lettere e testimonianze”. Porta questo titolo la raccolta di testi curata dal parroco di Nova Siri don Mario La Colla in collaborazione con l’Ufficio Comunicazioni Sociali della Diocesi di Tursi-Lagonegro. Prezioso è stato anche  il contributo di reperimento dei suoi amici e familiari, in particolare quello di Domenico Viola, docente di Statistica all’Università degli Studi di Bari, tra i più vicini a don Tommaso. Il testo ha incontrato l’impegno di tanti e anche quello del vescovo Francesco Nolè, che ne firma la presentazione.
Il lavoro ha in sé un intento umile, quello di lasciar “cantare” don Tommaso, senza aggiungere altro se non la voce, libera, dei suoi amici che hanno voluto testimoniarne l’umanità. A tanti è stato chiesto di scrivere un contributo, e moltissimi lo hanno fatto tra quelli che lo hanno “impattato” nelle sue avventure educative a Roma negli anni del Seminario, a Policoro al Liceo Scientifico, a Bari, dove seguì il Gruppo degli Universitari di Comunione e Liberazione, a Matera, dove prima aveva insegnato, e naturalmente di Nova Siri.
Non c’è luogo, tra questi, in cui non si trovino persone profondamente segnate dall’incontro con lui. Tutta la vita sarebbe stata diversa se lui non ci fosse stato” scrive la sua giovane amica Daniela Gentile, allora giovanissima, nella sua profonda testimonianza. Tra i ricordi ci sono anche quelli di personalità quali Monsignor Luigi Negri, vescovo della Diocesi di Ferrara-Comacchio; Massimo Borghesi, Docente di Filosofia Morale all’Università di Perugia; Giancarlo Cesana, leader storico di Cl; e poi suore, sacerdoti, i fratelli Ninetta e Cosimo e tanti altri. Non c’è molta differenza tra queste testimonianze e quelle di tanti semplici amici che con lui sono cresciuti e da lui sono stati educati alla Chiesa. Anzi, non ce n’è nessuna, perché tutte le testimonianze raccontano la stessa storia d’amore. Alla vita. Di seguito alcuni dei suoi appunti, tra i tanti raccolti nel libro, un vero tesoro:
1
“Cosa vuol dirci il Signore con questa morte? Che è possibile vivere della ‘Sua Presenza’, che Lui, il Signore, prende quelli che vuole e li cambia”. (scritto in occasione della morte dell’amica Enzina Forleo, il 7 febbraio 1988).

2
Riconosco che lo scopo della vita umana è seguire Cristo, riconosco che Lui è la Nostra Vita e Verità perché è la Via. Riconosco che la Grazia più grande che mi è stata concessa è la felicità e la precisione della Via: il Movimento. Riconosco che questo è il mio dramma personale di oggi e la mia vocazione. Riconosco che – consapevolmente o inconsapevolmente - ho sempre tentato di allontanarmi, di fuggire, ma che oggi non posso più barare e voglio aderire personalmente a Lui. Ringrazio Dio che mi ha dato 40 anni di vita, l’incontro con Lui e tanti peccati da non potermi più illudere di farcela da solo. O si cambia o si muore.

3
Nell’esperienza dell’uomo tutto passa e finisce. Soprattutto le cose belle (l’infanzia, l’amore…) sono destinate a finire nel rimpianto, nella nostalgia, e nel ricordo. C’è una  sola esperienza che inizia e non finisce, e con il tempo cresce: è l’incontro con Cristo.


La vita. Alla sua ordinazione era presente Aldo Moro

Nato a Nova Siri il 17 novembre 1948, è morto a Roma il 20 luglio 1993. Ha compiuto gli studi ginnasiali nel Seminario Regionale di Potenza e quelli liceali nel Seminario Interregionale di Salerno. A Roma ha frequentato gli studi di Teologia fino alla Licenza presso la Pontificia Università Gregoriana, come alunno dell’Almo Collegio Capranica.

È stato ordinato Sacerdote a Roma, dal Cardinale Ugo Poletti, il 28 giugno del 1973. Con i giovani di Comunione e Liberazione, alla sua Ordinazione Sacerdotale, era presente anche l’Onorevole Aldo Moro, allora docente all’Università La Sapienza, che don Tommaso incontrò più volte.
I primi due anni di vita sacerdotale li trascorse a Roma come Assistente Spirituale degli universitari di Comunione e Liberazione. Dal 1975 la sua missione proseguì tra i giovani della Basilicata e dell’Università di Bari. Nel 1982 fu nominato parroco di Nova Siri paese e fu insegnante di Religione presso il Liceo Classico “E. Duni” di Matera e, successivamente, presso il Liceo Scientifico “E. Fermi” di Policoro e il Liceo Classico “G. Fortunato” di Nova Siri. Ha insegnato Teologia Dogmatica presso l’Istituto di Scienze Religiose della Diocesi di Tursi – Lagonegro, dove ha fatto parte del Consiglio Nazionale di Comunione e Liberazione, svolgendo anche il ruolo di Assistente della Fraternità di CL nelle Diocesi della Basilicata.


Estratto dal libro “Dare la propria vita per l’opera di un Altro. Don Tommaso Latronico. Scritti, lettere e testimonianze”

"Come siamo ridotti". Se il vu' cumpra' fa credito in spiaggia agli italiani

NOVA SIRI - "Non preoccupare signora, prendere abito, soldi anche domani". Se non fosse per l'italiano stentato, sembrerebbe di sentire il proprietario di un ricco atelier che fa credito alla facoltosa cliente che ha scordato la carta bancomat. La scena, invece, si consuma nel bel mezzo della spiaggia ionica, a Nova Siri. E le parole, si sarà capito, sono quelle di un “vùcumprà” (non si intenda il termine in senso dispregiativo) che sta provando a vendere un abitino da otto euro, una stoffa discreta che però fa la sua figura. E' uno dei tanti che girano le spiagge in lungo e in largo con la speranza di introiti che si fanno, nel tempo, sempre più scarsi.

E' quasi letterario raccontare la crisi con piccole immagini di vita quotidiana. Questa è tra le più surreali: il venditore emigrato che fa credito alla “povera” italiana senza soldi in spiaggia, purché possa acquistare il suo abitino da sfoggiare nelle serate estive come fosse un capo di qualità. Quel venditore ha scoperto che l'Italia non è più l'America, ma un Paese in cui dieci euro in spiaggia diventano quasi una tentazione da evitare, un Paese in cui tirano la cinghia, per paura del futuro, anche quei “fortunati” che uno stipendio ce l’hanno. E magari, però, a un abitino che ha colpito non vogliono rinunciare anche se non si hanno "spiccioli" in spiaggia (le virgolette sulla parola spiccioli, a questo punto, sono d’obbligo). Certo, quel venditore avrà studiato i volti degli avventori abituali, e magari non darà la stessa fiducia a un volto sconosciuto, eppure quel pensiero, impensabile qualche anno fa, si è affacciato ormai in modo definitivo nella mente dell’immigrato ambulante: “siamo quasi sulla stessa barca, voi che comprate e noi che vendiamo”.

Ma non è lo stravagante venditore che fa credito il solo a sentire crisi. Uno altro suo “collega”, che chiede di non essere citato, si ferma e racconta sconsolato. "Si incassano venti, massimo trenta euro al giorno. Talvolta anche solo dieci in sette ore di cammino sulle spiagge. Negli anni scorsi c'erano anche giornate da 300 euro. Qui tutto è cambiato, speriamo di migliorare in agosto, ma luglio è cominciato in malissimo". Investire per acquistare i prodotti da vendere in spiaggia, del resto, costa circa 2mila euro, e 600 ne servono per il biglietto aereo di chi arriva dal Sud Est asiatico (sono loro la maggioranza, negli ultimi anni, dopo l’ondata nordafricana di qualche tempo fa).

E' la new life di questa Italia sempre più povera, ma che ancora non se n'è accorta del tutto. Se ne accorge di più chi di questa ricchezza, dall'esterno, vive, anzi viveva. E le conseguenze, per questi immigrati, non si vedono solo in spiaggia. Molti di loro, infatti, nel corso dell'anno erano soliti cercare un lavoro per l'inverno in fabbriche o aziende agricole. Quest'anno, però, più di qualcuno ha dovuto fare le valigie. "Ho provato in tutti i modi a cercare qualcosa, ma poi sono tornato al mio Paese dove ho lavorato un terreno e ho racimolato qualcosa ma è sempre troppo poco, altrimenti non sarei di nuovo qui". Insomma, non se ne esce. Quella dell’ambulante che fa credito, però, in fondo è una bella immagine. A un Paese paralizzato come il nostro, economicamente e non solo, forse per ripartire serve proprio questo: la fiducia.

Pino Suriano

Vincenzo Cerami e quella volta a Nova Siri

Venne a Cinemamare nel 2004. Caro amico di Franco Rina
Franco Rina e Vincenzo Cerami a Nova Siri
Tra  i tanti posti d’Italia segnati dalla traccia culturale di Vincenzo Cerami c’è anche Nova Siri. Era l’11 agosto del 2004 e Cinemadare era un festival ancora quasi solo locale che si avviava alla platea internazionale che nel giro di pochi anni avrebbe conquistato. Lo sceneggiatore de “La vita è bella”, scomparso nei giorni scorsi, fu tra i primi grandi ospiti di quella rassegna. Parlò di scrittura per il cinema (e chi meglio di lui?). “Il talento della scrittura –disse quel giorno - è quello più difficile in assoluto. Per creare un impianto narrativo che funziona è necessario un talento puro. E' fondamentale partire con il piede giusto, dall'idea, al soggetto, alla sceneggiatura. Non è come per gli altri mestieri del cinema, per i quali esistono anche tecniche e precetti".
Franco Rina, direttore della rassegna, sulla sua pagina face book lo ha ricordato così: “Vincenzo è stato un amico personale e un amico di Cinemadamare; ci ha concesso la sua amicizia schietta, diretta e piena di simpatia e genialità”. Cerami è uno dei regali che Cinemadamare ha fatto a Nova Siri.

Pino Suriano

"Siete la Svizzera d'Italia". Luca Antonini, massimo esperto di federalismo, promuove la Basilicata


“Basilicata terra di buona spesa”. A sentirlo ora, dopo tutto quello che è successo, fa un certo effetto. Eppure chi lo dice e lo scrive non è certo sospetto di simpatie per il centrosinistra, tantomeno quello lucano, e soprattutto osserva le cose dal punto di vista più obiettivo, quello dei numeri.
Il Professor Luca Antonini, cinquant’anni da poco compiuti, insegna Diritto Costituzionale all’Università degli Studi di Padova, dal 2009 presiede la Commissione Tecnica Paritetica per l’Attuazione del Federalismo Fiscale (Copaff) e da qualche settimana è il nuovo Capo del Dipartimento per le Riforme Costituzionali. La sua, perciò, è una delle voci più autorevoli nel panorama italiano, quando si parla riforme e federalismo fiscale. Sono temi che studia da tempo e di cui scrive su Libero, Panorama, Sole24ore, Il Giornale, etc.. Ha spulciato in lungo e in largo i costi della spesa pubblica, registrandone la qualità sulla base di precisi standards. Da qualche mese, inoltre, è uscito il suo nuovo libro, “Federalismo all’italiana. Dietro le quinte della grande incompiuta”, edito da Marsilio – Tempi, presentato nei giorni scorsi in Regione Piemonte con il Presidente Roberto Cota. Già dal titolo traspare tutto il rammarico per quella che sarebbe potuta essere una grande occasione e che invece è rimasta, appunto, un’incompiuta.
Andiamo al cuore del nostro interesse: il Sud Italia, quanto e come ha speso negli ultimi anni.
 “Be’, a parte qualche esempio virtuoso come la Basilicata…”
Stop, un attimo. La Basilicata sarebbe un caso virtuoso? Non mi dica, è troppo strano per chi ne osserva da vicino i problemi quotidiani, la continua emigrazione, la disoccupazione…
“E invece glielo dico. Guardi, sono anni particolari e non si sta troppo bene dappertutto, ma se si considera la Basilicata in rapporto alle altre Regioni del Sud ci si rende conto degli aspetti virtuosi. I bilanci sono lì a testimoniarlo, nel libro ne ho parlato come di una piccola Svizzera d’Italia”.
Addirittura… E da cosa si evincerebbe?
Si vede dal rapporto tra i conti, sostanzialmente in ordine, e la qualità delle prestazioni erogate. La Basilicata rappresenta un esempio virtuoso in merito alla spesa di investimento e sarebbe stata tra le Regioni più valide per la definizione dei pinchment per la spesa sanitaria nazionale. Consideri che questa Regione ha fatto buona qualità della spesa in investimenti infrastrutturali ed è anche risultata piuttosto sobria sul piano della spesa per il personale. In Sicilia, per esempio, si è fatto l’esatto contrario, pur con ferrovie ridotte malissimo si è continuato a spendere per il personale. Certo, ci sono limiti anche in Basilicata, ma è il confronto con le altre Regioni del Sud a dare la misura della questione.
Ci sono meriti dalla politica?
Direi di sì. E’ la politica a determinare gli indirizzi di spesa: credo di poter affermare che la Basilicata, in termini di qualità della spesa, sia governata bene.
C’entra il colore politico?
Non credo. Le buone pratiche di spesa pubblica locale risultano piuttosto trasversali. Funzionano bene, per esempio, realtà di diverso colore come l’Emilia Romagna e il Veneto.
Le altre Regioni del Sud?
Guardi, un po’ da tutte le parti si scontano problemi di gestione precedenti e ritardi infrastrutturali. Abbiamo alcune Regioni del Centro o del Sud con spaventosi disavanzi sanitari e servizi di pessima qualità, e in molti casi anche eccessi di illegalità che bruciano le risorse dei cittadini. Certamente, però, si devono sottolineare alcuni sforzi importanti, come in Calabria, dove si è tentato di chiudere ospedali piccoli e inefficienti, o in Campania. Ma si potrebbe fare di più. Chi ha fatto peggio credo sia la Sicilia: molte operazioni di immagine e poca sostanza.
Quali strade, allora?
Nei trasferimenti dallo Stato bisogna superare il criterio della spesa storica (quello secondo cui si determina la quantità delle risorse in rapporto a quelle fornite in passato, ndr.) cominciando a determinare dei costi standard per le prestazioni, cioè quello che dovrebbe essere il costo di una certa prestazione in base alle esperienze di gestione efficiente, come potrebbe essere considerata, per alcuni aspetti, proprio quella lucana. In questo senso il federalismo rappresenta un’occasione: essendo un’operazione di trasparenza sulle pratiche migliori, è qualcosa che aiuta il Mezzogiorno, poiché lo responsabilizza. Sia chiaro, in Italia non è pensabile un federalismo all’americana, cosiddetto competitivo, il modello applicabile da noi è certamente il federalismo solidale, quello tedesco, in cui sono comunque garantiti a tutti, da parte dello Stato, i livelli minimi essenziali.
Perché?
Perché c’è una differenza di capacità fiscale tra le Regioni: alcune sono ricche e altre molto meno. Con un federalismo all’americana il paese si spaccherebbe, mentre un federalismo solidale e responsabilizzante garantirebbe un maggior rispetto del principio di uguaglianza.
Cosa non ha funzionato in Italia?
Direi che in Italia è mancato il coordinamento statale. Abbiamo avuto poco Stato laddove ci doveva essere, e troppo in casi in cui non serviva. Era necessario che l’autorità centrale facesse valere il proprio potere, senza aver paura di imporre dei commissariamenti. Noi, al contrario, siamo arrivati a dei paradossi sconcertanti: in Regioni come il Lazio e la Campania abbiamo nominato come Commissari Bassolino e Storace, proprio i Governatori, e cioè abbiamo chiamato a sanare i buchi esattamente le stesse persone che li avevano prodotti.
Insomma, al Federalismo serve lo Stato.
Assolutamente sì, ma non con un ruolo eccessivo, prevaricante, bensì di coordinamento. In molte situazioni del Sud abbiamo avuto poco Stato. Nel libro porto l’esempio della Germania Est che subito dopo l’89 stava molto male, mentre ora per tanti aspetti è anche più  avanzata dell’Ovest. Come è accaduto? Grazie a un positivo atto di forza dell’autorità centrale: dove c’erano situazioni di cattivo uso dell’autonomia si è intervenuti senza remore nell’utilizzo di commissari. Bisogna smetterla di temere l’utilizzo della forza dello Stato.
Siamo ancora in tempo per i correttivi?
Penso di sì. Esiste da qualche tempo una piattaforma importante, il cosiddetto Documento dei Saggi, consegnato al Presidente Napolitano,che è un ottimo segnale in questo senso, ed è per me motivo di orgoglio che vi siano condensati alcuni dei correttivi che io stesso propongo, come l’istituzione del Senato Federale.

Pino Suriano - scritto per Il Quotidiano della Basilicata

"Non volevo offendere gli agricoltori". Il commerciante Valicenti chiarisce la propria posizione

ROTONDELLA - "Non volevo offendere gli agricoltori". Piero Valicenti, proprietario e gestore di un bar a Rotondella due, è il commerciante che nei giorni scorsi ha segnalato un problema di utilizzo dei fondi di compensazione ambientale. "Troppo agli agricoltori - ha detto al Quotidiano (potete leggerlo qui)  - troppo poco a commercianti e impiegati".
Qualcuno l'ha presa male, interpretando le sue argomentazioni come una sorta di accusa contro la categoria.
E’ un equivoco che vorrebbe chiarire: "Ponevo solo un problema di distribuzione dei fondi – spiega -  basata su un concetto molto semplice: così come tutti gli agricoltori hanno ottenuto il contributo per la compensazione, allo stesso modo avrebbero dovuto riceverlo tutti i commercianti, che non ne hanno meno bisogno. Mi spiace che le mie parole dei giorni scorsi abbiano prodotto un certo rammarico nella categoria degli agricoltori, che non merita assolutamente un giudizio negativo. Tutti ci rendiamo conto, e io per primo, di quanto l'indotto produttivo messo in piedi dall'agricoltura sia la base su cui si fonda la sussistenza economica di tutto il territorio. Io stesso devo ammettere che vivo soprattutto grazie a loro".
Difficile non riconoscerlo, del resto. La produzione agricola è un fondamento decisivo per il tessuto economico del Paese, quella della Trisaia, poi, è di particolare interesse per gli aspetti di innovazione che è riuscita a proporre negli anni a livello di strutture, sperimentazioni produttive e cooperazione. Si sono sperimentate qui coltivazioni d’avanguardia e forme di cooperazione che in altre parti d’Italia, anche nel Nord, hanno visto la luce solo molti anni più tardi. Non per caso il sistema agricolo locale ha attratto l'attenzione di marchi come Plasmon e Zuegg. E questo sebbene non sia stato sempre adeguatamente sostenuto dalle istituzioni a livello di infrastrutture, che ancora continuano a latitare. Si può discutere (ed è legittimo) su ipotesi di rimodulazione dei fondi di compensazione ambientale, ma non sull'agricoltura locale e sulla sua forza di traino. Sempre meglio chiarire.

Pino Suriano

Gennaro Donato, un ragazzo di Marconia a un passo dalla Nike Academy

MARCONIA DI PISTICCI – Nei Nike Stores di tutta Italia arriveranno solo a partire dal prossimo 18 luglio, ma Gennaro Donato, 22enne di Marconia, le porta già ai piedi.  Le Hypervenom, nuovo prodotto calcistico della Nike, sono le scarpe di Neymar da Silva, 21enne stella brasiliana ora in forza al Barcellona. 

Ne ho scritto sul Quotidiano della Basilicata, precisamente qui. 

16 lug 2013

Chiesa dell'Annunziata. L'altare sarà riportato all'antico splendore

ROTONDELLA – Tornerà al suo splendore una delle perle più preziose del centro di storico di Rotondella, la Cappella della Ss. Annunziata, risalente al XVII secolo. Una prima fase di lavori, per la verità, è già stata conclusa, grazie alla generosità dei fedeli e all’impegno del parroco, don Mario Lutrelli. L’intonaco, letteralmente aggredito dall’umidità, è stato restaurato sia all’interno che all’esterno. Si è resa necessaria, inoltre, una completa ristrutturazione del tetto, semidistrutto, ed è stata effettuata l’individuazione di alcune perdite da condotte d’acqua non direttamente legate all’edificio, ma che lo danneggiavano per l’umidità. Il vero gioiello, però, non è ancora pronto: si tratta dell’altare, da tempo dipinto di bianco.
Don Mario, attento cultore di arte sacra, ha però intuito il valore e la qualità della decorazioni originarie, non più visibili. Per trovare conferma si è rivolto a figure esperte, per la precisione un’impresa specializzata nei restauri accreditata presso numerosi enti pubblici ed ecclesiastici. I restauratori, attraverso una serie di saggi, hanno così potuto mostrare parti del colore originario. Ebbene, quell’altare nascondeva una bellezza straordinaria. Don Mario, allora, è stato preso dal desiderio di mostrarla a tutti, commissionando l’opera, che  richiederà un intervento certosino e non privo di costi. Il parroco, perciò, confida nella generosità dei fedeli e di qualche sponsor, nel senso proprio del termine, quello latino di “sponda”, “aiuto”.
La vicenda, nel suo piccolo, lo dimostra ancora una volta: una delle prime forme di carità che la Chiesa offre all’Italia è la difesa del bello. Se così non fosse stato, forse, non saremmo mai diventati il paese più interessante del mondo dal punto di vista artistico e architettonico. E’ uno dei tanti segni che dovrebbero far riflettere sul contributo concreto che lo Stato italiano riceve, per tanti aspetti, dalla presenza della Chiesa sul territorio, soprattutto in questi tempi di battaglie e pregiudizi, spesso fuori luogo, su una Chiesa che sarebbe ingiustamente privilegiata in termini fiscali ed educativi.
“Grande è stata – si legge sul sito web Rotundamaris.net -  la devozione dei rotondellesi verso la Madonna dell’Annunciazione. All’Annunziata era stata creata, nei primi anni del ‘700, la Congregazione dei Laici che promosse e gestì sino alla fine del secolo successivo il Monte Frumentario, una banca in natura che prestava sementi ai coloni poveri di Rotondella. Sempre presso l’Annunziata esisteva un’altra Congregazione, quella del Sacro Vangelo. che erogava contributi economici alle ragazze povere che dovevano sposarsi”. Due esempi straordinari, che mostrano come la fede abbia favorito, nel tempo, lo sviluppo delle opere di carità. E in questo caso, oltre alla carità, anche la creatività. Bisogna ammettere, infatti, che è davvero originale l’idea di una sorta di banca per le ragazze senza dote, un’idea di welfare gratuito, sussidiario e senza Stato, frutto di quei legami di solidarietà concreta tra gli uomini che si vanno perdendo sempre più, ma che a Rotondella, per dire la verità, mostrano ancora qualche piccolo segno.

Pino Suriano - scritto per Il Quotidiano della Basilicata

10 lug 2013

Compensazione, la denuncia di Piero Valicenti. "Non è stata davvero per tutti"

Non si è pensato ai giovani. Troppo agli agricoltori, troppo poco a commercianti e artigiani

Piero Valicenti
ROTONDELLA – La compensazione non è stata davvero per tutti. La pensa così Piero Valicenti, titolare e gestore di un Bar-Ristoro a Rotondella due. Il tema è la compensazione ambientale, che per effetto della Legge n. 368/2003 (seguita al cosiddetto “Decreto Scanzano”), garantisce somme compensative ai Comuni italiani cosiddetti a “servitù nucleare”. Tra questi, come è noto, c’è il Comune di Rotondella, che ospita l’impianto Itrec presso il Centro Enea di Trisaia. Nel 2010 nelle casse dell’Ente entrarono poco più di tre milioni di euro: la ripartizione iniziale della spesa fu approvata dalla precedente amministrazione guidata da Vito Agresti, poi in parte rimodulata da quella di Vincenzo Francomano in virtù di sopravvenute esigenze. Tra questi fondi, circa 71 mila euro furono stanziati a sostegno delle imprese artigiane e commerciali attraverso un bando per la concessione di contributi all’innovazione delle strutture. Su quest’ultimo finanziamento pone l’attenzione Valicenti, che fa notare un primo dato: a fronte dei 71 mila stanziati per commercianti e artigiani, circa 500 mila sono stati destinati inizialmente a sostegno delle imprese agricole. “Una sproporzione enorme”.
Il bar Valicenti
E infatti lo stanziamento per gli agricoltori è riuscito a coprire l’intero numero delle richieste pervenute, risultando addirittura superiore. Lo stesso non è accaduti per artigiani e commercianti. In quel settore, infatti, molti sono rimasti fuori. Valicenti è tra questi, e con lui molti altri giovani commercianti e artigiani. E proprio il tema della gioventù è uno di quelli su cui si vuole battere. “Tra i principali criteri di valutazione delle istanze c’era l’anzianità di iscrizione alla Camera di Commercio, e così, paradossalmente, si sono ritrovati premiati proprio gli artigiani e i commercianti più anziani e potenzialmente meno aperti all’innovazione, alla quale invece mirava il bando”.   Eppure, in un primo momento, lui e gli altri non si erano rammaricati più di tanto. La graduatoria in cui erano inseriti, infatti, sarebbe dovuta scorrere presto e appena giunto il nuovo finanziamento (nel 2010 atteso a breve termine) sarebbero stati premiati anche loro. Allora tutto questo sembrava immediato, e invece non è arrivato un euro. “Così rischiamo di avere una compensazione di cui non beneficia l’intera comunità, ma soltanto pochi”.

“E pensare – aggiunge con un pizzico di sconforto - che con questi criteri di concessione si sono ritrovati ad avere il contributo imprenditori agricoli che guadagnano anche fino a 200 mila euro all’anno. Ci tengo a chiarire, però, che il mio non è un intento polemico, chiedo solo il sostegno di un Ente che ha incassato tanto per i suoi cittadini ma forse non ha distribuito a tutti equamente. Cosa chiediamo? Semplicemente che la misura sia rifinanziata al più presto e la graduatoria torni a scorrere. Anche, se possibile, con fondi diversi da quelli di compensazione, visto che quelli tardano ad arrivare”.

Pino Suriano - scritto per www.ilquotidianodellabasilicata.it