Quasi nessuno sa che Rotondella è citata in un testo tradotto in sedici lingue, tra cui arabo, swahili e vietnamita. E quasi nessuno si ricorda di Serafina Garofalo, insegnante di Corato in servizio presso le scuole elementari del centro jonico intorno alla metà degli anni ’30. Le due cose sono in stretto collegamento, come racconta la biografia scritta da padre Bernardino Bucci, “Luisa Piccarreta,
Proprio a Rotondella, infatti, la signora Garofalo avrebbe vissuto l’esperienza più traumatica, e al contempo straordinaria, della propria esistenza. Da poco abilitata all’insegnamento, la donna aveva ricevuto un incarico di lavoro nel centro collinare e per questo aveva preso in fitto una piccola casetta, dove si era stabilita per i giorni lavorativi. Qui le capitò, stando ai suoi racconti, lo spaventoso incontro con un uomo furioso, che avrebbe cercato più volte di entrare in casa per aggredirla, fuggendo solo alla vista di un crocifisso tra le sue mani.
Un uomo vero? Una presenza demoniaca? Serafina Garofalo non seppe dirlo con chiarezza. Incerta e turbata dall’evento, decise di lasciare temporaneamente l’incarico di lavoro, traslocò in tutta fretta e rientrò a Corato, in provincia di Bari. Qui la attendevano le ingiurie dei compaesani, che non credettero al racconto e la tacciarono di follia visionaria. Alle sue parole non credette neppure il marito, uomo di idee irreligiose, che le intimò di rientrare al lavoro. Le restava unicamente la fiducia dei suoi figli, che avevano vissuto con lei a Rotondella.
Sfiduciata e affranta, Serafina si recò in una casa di Corato, dove viveva, con sua sorella, Luisa Piccarreta. Questa strana signora sessantenne era già chiamata da tutti “Luisa la santa”. Viveva nel suo letto, senza alzarsi mai, da quando aveva venti anni, pregando e lavorando al tombolo per tutto il giorno. Non faceva altro. Così aveva trascorso tutta la vita, aperta ogni giorno dalla Santa Messa celebrata in casa sua e spesso allietata dalle visite di tanti suoi compaesani, desiderosi di confidarle i drammi più intimi in attesa di una sua preghiera o un suo saggio consiglio.
Tra questi arrivò, un giorno, anche Serafina Garofalo, per raccontare la vicenda di Rotondella. Luisa ascoltò con attenzione e subito rassicurò la donna in lacrime: “Non temere, il demonio non avrà più potere su di te”.
La certezza e la serenità con cui Luisa parlò convinsero la maestra, che si decise a tornare sul posto di lavoro, e per sentirsi più certa pensò di portare con sé una foto della stessa Luisa, che pose sul comodino della casa di Rotondella. Ma una sera, mentre si apprestava a pregare con i suoi figli, le accadde di vedere ancora quella strana presenza. Mentre si accostava a lei con fare minaccioso, però, l’uomo fu turbato dalla vista della foto di Luisa, che prese e scagliò a terra con violenza. Subito dopo sparì senza entrare mai più nelle vita, o nell’immaginario, di Serafina Garofalo. La vicenda finì in questo modo: la donna riacquistò la fiducia del marito e poté continuare a insegnare a Rotondella, dove lasciò un ottimo ricordo tra i suoi alunni i quali, stando alle dichiarazioni al Quotidiano di Bernardino Bucci, sarebbero tornati a trovarla a Corato anche nell’immediato dopoguerra, a circa dieci anni di distanza dall’esperienza scolastica. La foto di Luisa, rimasta stranamente intatta dopo quell’urto, è ancora preziosamente conservata dal figlio della maestra.
Ma chi era “Luisa
E non per i tanti eventi strani e presunti miracoli che aleggiano sulla sua esistenza (a cui si può credere o meno!) ma anzitutto per il suo modo di concepire la vita, il rapporto con
Luisa Piccarreta nacque a Corato il 23 aprile 1865, quarta delle cinque figlie di Vito Nicola Piccarreta e Rosa Tarantino. Già nella prima giovinezza fu protagonista di fenomeni particolari, come la sua frequente soggezione a uno stato di rigidità cadaverica, nel corso del quale dava comunque piccoli segni di vita.
La famiglia si rivolse alla scienza medica, ritenendo che si trattasse di una malattia. Nessuno, però, fu in grado di fornire un’ipotesi plausibile: la ragazza stava bene e su quegli strani stati di salute non c’era una spiegazione clinica.
Fu allora interpellato un sacerdote, l’agostiniano padre Cosma Loiodice, il quale, recatosi dall’inferma, tracciò un segno di croce su quel corpo immobile, che, fra la meraviglia dei presenti, fece riacquistare all’inferma le normali funzioni.
Partito il padre agostiniano, ogni giorno veniva chiamato un sacerdote qualsiasi, che con un segno di croce la riportava alla normalità. Non sempre, però, il dramma di Luisa fu compreso. Anzi, pare che alcuni sacerdoti l’abbiano giudicata addirittura un’esaltata, una nevrotica desiderosa semplicemente di attirare l’attenzione.
Ma intanto il fatto persisteva: questa ragazza non si svegliava e rimaneva nel letto immobile, anche per giorni, fino a che un sacerdote non giungesse a liberarla con il segno di croce. Non mangiava se non un paio di patate al giorno, che quasi subito era costretta a rimettere per una strana intolleranza al cibo.
Fu lei stessa, tra incredulità e scetticismo, a rivelare la ragione di quella “strana malattia”: aveva accettato di condividere la croce di Cristo, che le era apparso in visione portando la croce e chiedendole: “Anima, aiutami”. La straordinarietà dei fatti suscitò l’attenzione dell’arcivescovo di Trani, mons. Giuseppe Bianchi Dottula (1848-1892). Questi si informò subito sulla vicenda e decise di avocare a sé il caso, delegando addirittura un confessore personale per Luisa, nella persona di don Michele De Benedictis.
Questi, già noto per le sue doti di prudenza e saggezza, chiese alla ragazza di non fare più nulla senza il suo consenso e le ordinò di mangiare almeno una volta al giorno, anche se subito rimetteva il cibo ingerito.
Luisa acconsentì, certa della corrispondenza tra
E quando senti in sé il suggerimento di vivere tutta la vita al letto, per volere della Divina Volontà, chiese a Padre Michele il decisivo permesso. Questi acconsentì definitivamente il 1° gennaio 1889: Luisa poteva rimanere a letto, dove rimase per 59 anni, fino alla morte, ininterrottamente.
Con lo stesso animo lieto obbedì alla successiva indicazione della Chiesa. Il vescovo le chiese, infatti, di trascrivere su appositi quaderni il contenuto delle proprie visioni e meditazioni.
Molti di quegli scritti furono inviati in Vaticano per una valutazione approfondita dei contenuti, e alcuni di questi furono colpiti da censura. E’ sorprendente la serenità con cui Luisa volle subito abiurarli, riconoscendosi in errore se non in concordia con la sacra romana Chiesa.
Nella sua vita, come in tutte le vicende umane, non sono da nascondere limiti e disagi. Tanti sono i punti oscuri, in cui potrebbero rivelarsi possibili aspetti negativi della sua personalità. Da chiarire sono, infatti, i rapporti non sempre felici con alcuni suoi confessori, o l’esperienza nel convento di suore in cui visse per circa un decennio e da cui si scelse, a un certo punto, di estrometterla.
Che si tratti o meno di una santa, però, ha mostrato che la gioia umana non risiede solo in un corpo bello e sano, pieno di successo e carriere. La sua vita si concluse il 4 marzo 1947, dopo quindici giorni di malattia. Un’immensa folla si riservò sulle strade per l’ultimo saluto inneggiando a “Luisa
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