9 apr 2010

Caso Falcone: è tutto da rifare. L'accusa presenta l'appello

ROTONDELLA - La notizia che non avremmo mai voluto sentire, purtroppo, è arrivata: il Calvario di Angelo Falcone non è finito. Anzi, si può ben dire che sta per ricominciare.
La pubblica accusa indiana ieri mattina ha presentato appello contro la sentenza che nel dicembre scorso aveva assolto Angelo
Falcone, 30enne di origini lucane, accusato nel 2007 di possesso e spaccio di sostanze insieme all'amico piacentino Simone Nobili.
Questo, purtroppo, implica tante cose. Anzitutto il fatto che Angelo e Simone non potranno lasciare l'India. I due, da tempo in attesa del passaporto per il rientro in Italia, difficilmente potranno riaverlo, a questo punto. La loro permanenza in India da uomini "liberi a metà" (perché non liberi di tornare a casa) è destinata a durare ancora.
Ma, soprattutto, i due italiani dovranno affrontare un nuovo processo di cui, a questo punto, diventa difficile prevedere l'esito.
Nell'assoluzione della Corte di Shimla, che aveva scagionato i due per vizi di procedura legati all'arresto del 9 marzo 2007, molti avevano visto una soluzione quasi "diplomatica" per un caso divenuto ormai di interesse internazionale, con gli italiani che avevano accusato di estorsione e falso la polizia indiana.
Non sarà così. La pubblica accusa non ha voluto cedere ed è andata al contrattacco.
Adesso la palla passa all'Alta Corte di Nuova Dehli, la capitale indiana. Si tratta del terzo tribunale indiano che si occuperà del caso dei due indiani, dopo un primo, che nell'agosto 2008 li aveva condannati a dieci anni, e un secondo che li aveva assolti nel dicembre 2009.
La brutta notizia è arrivata a Rotondella, in casa
Falcone, alle 13.
Giovanni
Falcone si stava preparando a pranzare quando il telefono ha cominciato a squillare. Già da qualche giorno sentiva in corpo in ansia, uno strano presentimento, legato alle difficoltà incontrate da Angelo per ottenere il passaporto.
A confermare i suoi timori, dall'altro capo della cornetta, è stata una funzionaria del Ministero degli Affari Esteri. "Signor
Falcone, devo darle una brutta notizia: l'accusa ha presentato appello contro la sentenza di assoluzione di suo figlio".
E' bastato per fargli perdere l'appetito e spingerlo a contattare subito suo figlio.
Angelo aveva già saputo. "Papà me l'aspettavo. Questi non vogliono cedere". A tenere il giovane in allerta, lontano dai facili ottimismi, era stata la conoscenza di simili casi precedentementi accaduti.
Il giovane, in giro da quattro mesi per l'India, era a Mandi (città dell'Himacal Pradesh in cui fu arrestato) per il disbrigo di alcune pratiche legate alla richiesta del passaporto. Adesso dovrà tornare di corsa nella capitale. Lo attenderà l'ennesimo duro processo.
Questa volta, per fortuna, non in carcere, ma pur sempre in uno stato straniero, con costi certamente molto elevati di vitto, alloggio e spese legali.
"Speriamo - si augura Giovanni
Falcone -che almeno adesso l'Ambasciata ci aiuti in questa situazione economica difficile da affrontare".
Dal padre di Angelo arrivano anche parole dure nei confronti dello Stato italiano. "In questa vicenda è stato assente. Questi ragazzi andavano aiutati subito, già nel 2007, quando li hanno arrestati costringendoli a firmare una confessione in lingua straniera, di cui non conoscevano il significato. Bisognava interessare subito le istituzioni sovranazionali, quali l'Onu, e intervenire con forza contro questa violazione dei diritti umani. Adesso ci aspetta un nuovo processo, con esiti imprevedibili e spese astronomiche.
Abbiamo perso la fiducia in tutto e in tutti". Sono parole amare quelle di Giovanni
Falcone. Le parole di un padre che si sente abbandonato.

Pino Suriano - Il Quotidiano della Basilicata

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