7 dic 2009

OPINIONE SUL CASO FALCONE/ "Quei segni umani del nostro vecchio Sud

Ieri mattina Giovanni Falcone ha detto una frase che mi ha fatto riflettere in modo particolare. “Abbiamo dato al nord una lezione di civiltà. Siamo diversi e lo abbiamo dimostrato ancora una volta”. Non mi sembra opportuno farne una questione di campanili e antagonismi. Né di fare, come si dice, “di tutta l’erba un fascio”. Più di qualcuno, anche al Nord, ha seguito il caso con dedizione e passione.

C’è, però, un dato che merita rilievo: quasi tutta la battaglia mediatica e politica per Angelo Falcone e Simone Nobili si è combattuta al sud, in particolare in Basilicata. La cosa non era affatto scontata. E’ vero, il principale protagonista della battaglia è stato Giovanni Falcone, che da anni risiede a Rotondella, in provincia di Matera. Ma Angelo Falcone (la cosa non si è detta e scritta spesso) con la Basilicata non ha mai avuto troppo a che fare. Tanto meno l’amico Simone Nobili, anch’egli piacentino di Bobbio. E’ lì che i due vivevano da sempre. Lì vivono i loro amici, lì gli uomini politici e le associazioni che principalmente avrebbero dovuto difenderli e portare alla ribalta il loro caso. E invece, paradossalmente, la battaglia per Angelo è stata soprattutto una battaglia lucana. Anzitutto sul piano politico. Non sono mancate, naturalmente, le tante azioni di facciata, i tanti comunicati e interrogazioni parlamentari che lo stesso Falcone ha definito “più utili ai politici stessi che ad Angelo e Simone”.

Ma non sono mancate neppure tante azioni concrete. Quelle della base, del territorio, del “vicinato”. Quella del politico della vicina Policoro, il consigliere regionale Antonio Di Sanza, che per due anni non ha smesso di interessarsi della vicenda. O dell’ambasciatore italiano in Romania, Cospito, anch’egli lucano di Policoro, che ha saputo dare a Giovanni ottimi consigli su come affrontare i rapporti consolari. O del presidente della Provincia, Franco Stella, che è arrivato addirittura a pagargli un viaggio in India con sostanze personali. E ancora tanti altri giovani di Rotondella, quelli che per lui hanno organizzato manifestazioni e quelli che lo hanno aiutato a mettere in piedi il blog con cui ha condotto in rete la sua battaglia. E poi, soprattutto, la gente. Quella semplice, del paese. Quella che a Rotondella non ha fatto passare giorno senza chiedergli novità su quel figlio che molti non avevano neppure mai visto. Quella gente che ieri, nel rione Convento, ha condiviso per prima il suo irrefrenabile entusiasmo. Non è esagerato dire che Angelo, mai come in questi anni di detenzione, a migliaia di chilometri di distanza, è diventato davvero “lucano”.

Giovanni ha ragione: abbiamo dato un esempio di civiltà, di percezione diversa dei rapporti umani. Io direi, in due parole, di “partecipazione umana”. Forse, ogni tanto, più che “martellarci” inutilmente per il mancato sviluppo e per i nostri atavici mali, faremmo bene a guardare anche ciò che di bello e umano ancora conserviamo. E’ una storia millenaria, fatta forse di arretratezza, ma anche di cristianesimo e di una cultura dell’umano che ancora, forse inconsciamente, resiste più che altrove. Non perdiamola.

Pino Suriano - scritto per Il Quotidiano della Basilicata

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