7 lug 2009

IL PERSONAGGIO/ NICOLA IELPO


“La fabbrica del denaro” Il libro di Nicola Ielpo, ex direttore della Zecca di Stato


“I soldi non cadono dal cielo”, recita un detto di saggezza popolare. Serve a chiarire che bisogna sudarseli giorno per giorno. Ma il detto, fuor di metafora, esprime anche un’altra verità.

E cioè che i soldi sono fabbricati da qualcuno. In un preciso luogo fisico, nel quale c’è gente al lavoro che progetta e realizza. Un po’ come in tutte le fabbriche.

Si occupa proprio di questo “La fabbrica del denaro”, libretto sintetico e maneggevole edito da Texmat. Il sottotitolo ne chiarisce il contenuto: “Dall’asse all’euro. Storia bimillenaria della Zecca di Roma e delle sue monete”. L’autore, Nicola Ielpo, nel settore è da tempo un’autorità. Il suo nome, probabilmente, non dirà molto ai “profani”. Ai quali, comunque, non possono essere sconosciute le sue “opere”. Ielpo, lucano originario di Rotondella, ha infatti contribuito a decidere forma, peso e dimensione dell’euro, animando dal 1991 un gruppo di lavoro internazionale (Mdwg - Mint Directors Working Group) con il compito di definire la serie unica di monete europee. Eppure l’ingegnere lucano era entrato già da tempo “nelle nostre tasche”, con la vecchia 500 lire. E’ suo, infatti, il brevetto per la moneta bimetallica, utilizzata per le 500 lire e, in seguito, per le monete da 1 e 2 euro.

Sono curiosità che fanno effetto, ma solo in parte rendono l’idea di una carriera quarantennale vissuta sempre ai vertici. Ielpo, nato a Rotondella nel 1936, si è laureato in Ingegneria Meccanica presso l’Università di Napoli. Dal 1979 al 1999 è stato Direttore della Zecca, dal 1990 al 1992 è stato Presidente della Conferenza Mondiale dei Direttori di Zecca (Mdc). Oggi insegna Tecnica Monetaria nella Facoltà di Ingegneria dell’Università di Roma Tor Vergata.

“La fabbrica del denaro”, diviso in nove capitoli, è un ampio excursus sulla produzione di monete nella storia. Ielpo vi condensa le sue ampie conoscenze teoriche, che acquistano particolare gusto per quella chiarezza espressiva che può offrire solo chi ha “masticato” per decenni gli argomenti trattati.

Il lettore “profano” è colpito, in particolare, dai capitoli storici. Si parte dalla monetazione romana, con l’introduzione dell’uso, attribuito dalla tradizione all’antico re Servio Tullio, di riprodurre sulla moneta una determinata impronta (aes signatum) per fornire una garanzia del suo peso. L’excursus storico continua con il racconto della monetazione in età medievale e nell’età dei comuni, che espressero il proprio particolarismo politico anche attraverso la produzione di monete. Così, mentre Firenze dava vita al suo “fiorino”, a Genova nasceva il meno noto “genovino” e così via. Un’ampia trattazione, poi, è riservata all’Unificazione Monetaria del 1862 e alla monetazione dal 1900 agli anni ‘20. Un lungo paragrafo è dedicato al ventennio fascista, nel corso del quale le monete divennero strumento per la propaganda e gli slogan del regime. In una moneta da 20 lire di argento, illustrata nel testo, si legge il motto: “Meglio vivere un giorno da leone che cento anni da pecora”. Si giunge, così, alle vicende “monetarie” dell’Italia repubblicana, con la famosa “crisi degli spiccioli” di fine anni ’70, quando lo stato si ritrovò incapace di sopperire alla necessità di scambi della vita quotidiana e il paese reagì con la trovata “magica” dei mini-assegno, messi in circolazione dalle banche in sostituzione delle monete.

Al termine dell’excursus sulla monetazione prende avvio quello sulla Zecca di Roma, rivisitata, come preannuncia il sottotitolo, nella sua storia bimillenaria. Nei capitoli conclusivi Ielpo, che è stato un “tecnico” prima di diventare dirigente, espone le competenze maturate negli anni, con capitoli sulle tecniche di fabbricazione delle monete e sui metalli monetari utilizzati nel corso della storia. Non è privo di curiosità l’ultimo capitolo, che tratta di “Falsificazione e alterazione di monete”. Un argomento che non smetterà mai di essere attuale.

Pino Suriano

“Il Feticista delle monete”

Dall’appendice del libro pubblichiamo un estratto di “Ach Europa”, testo edito nel 1987 dal grande scrittore e giornalista tedesco Hans Magnus Enzensberger. Il capitolo del libro dedicato all’Italia fu tradotto e pubblicato, nello stesso anno, dal settimanale L’Espresso.

Con la sua penna brillante Enzensberger riprende la famosa vicenda della “crisi degli spiccioli”, determinata negli anni ’70 dalla difficoltà di far fronte alla domanda di produzione da parte della Zecca. L’analisi dell’autore individua le cause nella difficoltà di liberare l’ente dai lacci dell’apparato amministrativo statale. La Zecca, a suo parere, cominciò a volare alto proprio quando cessò di dipendere direttamente dall’apparato statale e fu aggregata alla stamperia nazionale come sezione autonoma. “Era legata come Gulliver – scrive Enzensberger – perché i Lillipuziani della politica le impedivano qualunque movimento”. Ecco come descrive, con la sua colorita ironia, la figura di Nicola Ielpo.

Nicola Ielpo è un signore di età indefinita, riservato e cortese. Carnagione scura, grande testa romana, naso prominente, completo marrone; impeccabile dalla testa ai piedi. Parla piano, tranquillo, soppesando le parole. Il suo accentro denuncia l’origine dalla Basilicata. Il suo sguardo, prima malinconico, si anima non appena il tema della conversazione si incentra sulla sua passione. Perché il signor Ielpo è – non so descriverlo altrimenti – un feticista delle monete. Accarezza delicatamente un pezzo del museo proveniente dallo studio di Giuseppe Bianchi, e il suo sguardo riposa soddisfatto su una vecchia pressa dei tempi dello Stato Pontificio”.

“[…] Per risolvere il problema (della “crisi delle monete”, ndr.) non c’era bisogno di farsi dare una mano dalla tradizione austriaca e neppure dalle ben note virtù lombarde. Perché, in tutto e per tutto, l’ingegner Ielpo proviene dal Sud, da una cittadina della Lucania. […] Il signor Ielpo, che non appartiene alla nuova classe media rampante, che non è un individuo socializzato post-industriale, ma un gentiluomo piuttosto antiquato, grassoccio… che probabilmente vota per la Democrazia Cristiana, si dedicava tranquillamente alla sua occupazione prediletta, che consiste nel coniare monete. D’accordo, ci sono cose più importante delle monete che tintinnano nel portamonete. Però, finché c’è gente come Nicola Ielpo, l’Italia non è perduta”.

Pino Suriano - scritto per l'inserto domenicale Q del Quotidiano della Basilicata


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