22 giu 2009

COMMENTO/ La vera rivoluzione del segratario di Togliatti

E' morto Massimo Caprara, segretario del Migliore e cofondatore del Manifesto

E’ morto, a 87 anni, Massimo Caprara. Segretario personale di Palmiro Togliatti e cofondatore del Manifesto, aveva dedicato anima e corpo all’affermazione della causa comunista. Negli ultimi anni di vita giunse a sconfessare quell’ideologia.

«Il mio modo di non essere più comunista non è diventare anticomunista – ebbe a dire - ma ascoltare e pensare». E cioè, smettere di applicare un’idea sulla realtà (l’anticomunismo, in fondo, è un’altra idea) e cominciare a guardarla per quello che è, per ciò che provoca nel cuore dell’uomo.

Sono parole che mi hanno sempre colpito. Perché si tratta, in fondo, dell’unica vera onestà intellettuale che è richiesta a ciascuno di noi di fronte a questo straordinario mistero che è il nostro “esserci” e il nostro agire da uomini. Guardare e pensare, cioè giudicare ciò che accade davanti ai nostri occhi: è stato questo, forse, il più bell’insegnamento della sua avventura umana e intellettuale.

In questa “osservazione senza pregiudizio” gli capitò di incontrare, alla fine degli anni ’90, il cristianesimo. Il suo fu un percorso fervido e graduale, ma alla fine disse sì.

Non fu solo la carica emozionale del racconto evangelico a colpirlo e convertirlo, né solo l’arguzia dei tanti intellettuali cattolici con cui venne in rapporto. Ma l’incontro con ragazzi poco più che ventenni, già cambiati dal cristianesimo. Lui, il braccio destro di Togliatti, grande intellettuale e collaboratore del Manifesto e del Giornale di Indro Montanelli, cambiato dal volto lieto di tre universitari milanesi? Proprio così! In un pomeriggio di inverno, dopo uno dei tanti incontri nel suo appartamento milanese, al momento del saluto scoppiò in lacrime e disse loro: “Grazie, voi siete le mie colonne!”. L’uomo che aveva stretto la mano e Stalin, sentiva di dover poggiare tutta la vita sullo sguardo e sull’amicizia di tre semplici ragazzi.

Ho avuto la fortuna di sentirgli raccontare dal vivo la sua storia, la sua “vecchia” e “nuova” vita, al Meeting di Rimini del 2002: “Adesso mi sento veramente rivoluzionario – disse alla fine dell’intervento - adesso che non sono più comunista sono veramente rivoluzionario”.

Eugenio Corti, grande scrittore e suo fraterno amico, ha spiegato così la sua “scoperta” (egli stesso amava usare questo termine per descrivere la sua nuova avventura di vita) in una recente intervista rilasciata a Il Sussidiario.net: “Ha scoperto questa cosa semplice e al contempo profondissima, trovando in lui stesso la povertà. Ossia, non considerandosi più come il ricco distributore di una dottrina da impartire ai poveri, ma come egli stesso povero e quindi partecipe realmente dei bisogni umani. Questa è la vera rivoluzione”. Diventare cristiano non significò scoprire una più nuova e bella idea sul mondo e i suoi problemi, ma su di sé. “Riscoprirsi uomo” è il titolo che scelse, non per caso, per la sua bellissima autobiografia. Aveva capito che nessuna rivoluzione, se non cambia l’uomo nell’intimo, è veramente una rivoluzione. Aveva lottato per cambiare il mondo, ha scoperto il bisogno di cambiare sé!


Pino Suriano

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Se Togliatti, che vide morire nei gulag di Stalin centinaia di Italiani senza muovere un dito, che plaudì all'invasione dell'Ungheria del '56 e di Praga nel '68 e che non fece niente per far uscire dal carcere il suo compagno-nemico Antonio Gramsci, è ancora oggi definito "il migliore" figuriamoci gli altri comunisti...

Anonimo ha detto...

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