VALSINNI – Certe volte la cultura si ritrova nei luoghi più semplici. E’ la scoperta sorprendente di chi, nei giorni scorsi, si è trovato a visitare la mostra “Viaggio nel passato: il matrimonio nella prima XX sec.”. Si tratta di un itinerario tra usi, costumi e tradizioni, realizzato dagli alunni della Scuola Primaria di II grado sotto la guida dell’insegnante Filomena Olivieri.
L’impatto visivo, di fronte allo splendore degli abiti da sposa esposti, è di quelli che colpiscono, di quelli che rivelano un gusto e una tensione al bello che sembra essersi perduta. Si scopre, in luoghi come questo, che l’arte e la cultura non sono roba da geni introversi, avulsi dal mondo e rinchiusi in circoli ristretti. Che non sono il frutto di chissà quali competenze, ma semplicemente un modo autentico e umano di esprimersi in tutto ciò che si fa, per passione o per dovere. Che si tratti di scrivere una poesia o di cucire un abito da sposa, di comporre una canzone o preparare la pasta in casa.
Davanti a questo passato “vivo” si sono soffermati, nei giorni scorsi, tanti visitatori, incantati dall’accurato allestimento di abiti antichi e foto d’epoca. La foto più datata (1920) è quella del matrimonio di Francesco Laragione e Maria Vincenza Corizzo. Ma non è la sola di grande interesse, tante altre rivelano particolari significativi e curiosi, come quella di Maria De Gennaro e Garibaldi Arbia, sbalorditi per lo scherzo della tartaruga nel piatto (foto in pagina). O ancora quella della cerimonia di Rosa Giacumbo e Ettore Liguori, con il prete a celebrare messa di spalle, secondo la prassi preconciliare. Molto belli anche gli abiti esposti, con iscrizioni indicanti la provenienza: c’è quello “confezionato e acquistato a Bari” e quello “cucito a mano dalla cognata della sposa”.
A spiegare la mostra tante piccole “guide”, molto spigliate nel raccontare il lungo lavoro che ha portato all’esito finale. I ragazzi coinvolti, divisi per gruppi, sono stati inviati nelle abitazioni di anziani del posto con un questionario sugli usi e le tradizioni matrimoniali del passato. Dalle colorite interviste sono emersi particolari curiosi, come la scoperta (bizzarra per i ragazzi) della figura del cosiddetto “ambasciatore”, un parente o vicino di casa con il compito di gestire e facilitare “diplomaticamente” i rapporti tra le famiglie degli sposi. “Dalle risposte alle interviste - ha spiegato la professoressa Olivieri - è emerso un’interessante archivio di dati, trasformato in un libretto in forma di dialogo tra l’anziana nonna Grazia e la sua giovane nipote Marika”.
Non si è rinunciato a “parlare ai ragazzi e agli adulti” neppure con la recita di fine anno, preparata dagli insegnanti Michele Borraccia e Filomena Olivieri. Anzi, con la scelta del soggetto ( “Momo” di M. Ende) si è voluto rilanciare un impeto educativo non banale. “La protagonista - spiega il professor Borraccia - è una bimba, Momo, alla cui purezza e semplicità si contrappone la disumanità degli Uomini grigi, che vogliono indurre la gente a economizzare il tempo, affermando che esso verrà restituito con interessi al compimento del sessantaduesimo anno di età. Ma è una menzogna e il mondo intorno a Momo inizia a cambiare: tutti corrono e si affannano ma sono tristi infelici, nevrotici e non hanno più tempo per niente che non produca denaro. Sarà proprio la semplicità della protagonista a porre fine alla colossale truffa degli uomini grigi. Insomma, un racconto che diventa per il lettore grande o piccolo una vera provocazione a decidere della propria vita: ricca, piena di successo ma in fondo vuota e infelice oppure semplice, vera, umana, piena di un autentico significato”. Molto soddisfatto anche il dirigente scolastico Giovanna Modarelli, che ha espresso approvazione per questa iniziativa capace di attuare quel rapporto, troppe volte solo decantato, tra scuole e territorio.
Pino Suriano - da Il Quotidiano della Basilicata
L’impatto visivo, di fronte allo splendore degli abiti da sposa esposti, è di quelli che colpiscono, di quelli che rivelano un gusto e una tensione al bello che sembra essersi perduta. Si scopre, in luoghi come questo, che l’arte e la cultura non sono roba da geni introversi, avulsi dal mondo e rinchiusi in circoli ristretti. Che non sono il frutto di chissà quali competenze, ma semplicemente un modo autentico e umano di esprimersi in tutto ciò che si fa, per passione o per dovere. Che si tratti di scrivere una poesia o di cucire un abito da sposa, di comporre una canzone o preparare la pasta in casa.
Davanti a questo passato “vivo” si sono soffermati, nei giorni scorsi, tanti visitatori, incantati dall’accurato allestimento di abiti antichi e foto d’epoca. La foto più datata (1920) è quella del matrimonio di Francesco Laragione e Maria Vincenza Corizzo. Ma non è la sola di grande interesse, tante altre rivelano particolari significativi e curiosi, come quella di Maria De Gennaro e Garibaldi Arbia, sbalorditi per lo scherzo della tartaruga nel piatto (foto in pagina). O ancora quella della cerimonia di Rosa Giacumbo e Ettore Liguori, con il prete a celebrare messa di spalle, secondo la prassi preconciliare. Molto belli anche gli abiti esposti, con iscrizioni indicanti la provenienza: c’è quello “confezionato e acquistato a Bari” e quello “cucito a mano dalla cognata della sposa”.
A spiegare la mostra tante piccole “guide”, molto spigliate nel raccontare il lungo lavoro che ha portato all’esito finale. I ragazzi coinvolti, divisi per gruppi, sono stati inviati nelle abitazioni di anziani del posto con un questionario sugli usi e le tradizioni matrimoniali del passato. Dalle colorite interviste sono emersi particolari curiosi, come la scoperta (bizzarra per i ragazzi) della figura del cosiddetto “ambasciatore”, un parente o vicino di casa con il compito di gestire e facilitare “diplomaticamente” i rapporti tra le famiglie degli sposi. “Dalle risposte alle interviste - ha spiegato la professoressa Olivieri - è emerso un’interessante archivio di dati, trasformato in un libretto in forma di dialogo tra l’anziana nonna Grazia e la sua giovane nipote Marika”.
Non si è rinunciato a “parlare ai ragazzi e agli adulti” neppure con la recita di fine anno, preparata dagli insegnanti Michele Borraccia e Filomena Olivieri. Anzi, con la scelta del soggetto ( “Momo” di M. Ende) si è voluto rilanciare un impeto educativo non banale. “La protagonista - spiega il professor Borraccia - è una bimba, Momo, alla cui purezza e semplicità si contrappone la disumanità degli Uomini grigi, che vogliono indurre la gente a economizzare il tempo, affermando che esso verrà restituito con interessi al compimento del sessantaduesimo anno di età. Ma è una menzogna e il mondo intorno a Momo inizia a cambiare: tutti corrono e si affannano ma sono tristi infelici, nevrotici e non hanno più tempo per niente che non produca denaro. Sarà proprio la semplicità della protagonista a porre fine alla colossale truffa degli uomini grigi. Insomma, un racconto che diventa per il lettore grande o piccolo una vera provocazione a decidere della propria vita: ricca, piena di successo ma in fondo vuota e infelice oppure semplice, vera, umana, piena di un autentico significato”. Molto soddisfatto anche il dirigente scolastico Giovanna Modarelli, che ha espresso approvazione per questa iniziativa capace di attuare quel rapporto, troppe volte solo decantato, tra scuole e territorio.
Pino Suriano - da Il Quotidiano della Basilicata
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