23 lug 2013

Don Tommaso Latronico e quella "febbre di vita" che invase il Sud

Il 20 luglio 2013 si è celebrato il ventennale della morte di don Tommaso Latronico, uno degli uomini più decisivi per la diffusione in tutta Italia del Movimento di Comunione e Liberazione. 


Ne ho scritto su Tempi.it, precisamente qui, e sul Quotidiano della Basilicata, lo trovare qui. Consiglio, però, di leggere il testo integrale  inviato al Quotidiano, riportato di seguito. Questa volta ho scritto con un di più di passione, con un "daimon" più potente, come se la lettura che mi ha introdotto alla figura di don Tommaso mi avesse reso più presente il tutto. Sono contento per ciò che ho scritto, ma ancora più per ciò che ho scoperto.
I tanti ringraziamenti ricevuti per questo testo, inoltre, sono stati per me motivo di conforto e conferma della fede. L'augurio è che il seme di don Tommaso possa continuare a dare i suoi frutti. Tanti si sono visti già domenica, in occasione della semplice ma bellissima celebrazione in suo onore. Qui trovate le bellissime foto realizzate dal professor Nino Oriolo e pubblicate sul sito terrejoniche.it. 

Ecco l'articolo completo


Don Tommaso e quella “febbre di vita” che invase il Sud

di PINO SURIANO
Si può prendere la Basilicata, girarla in lungo e in largo e rivoltarla come un calzino, ma non si troverà mai, secondo me, una “cosa” come quella che ha fatto qui don Tommaso Latronico. Se ne potranno trovare di diverse, per qualcuno anche migliori, e si potranno giudicare le sue opere con severità e scetticismo, ma un’altra “cosa” del genere non si troverà. Si spense il 20 luglio del 1993, vent'anni oggi, quando lo stroncò una terribile leucemia. Eppure quasi viene difficile scrivere che "non c'è più". Bisogna stare a Nova Siri, tra quelli che lo hanno conosciuto, per cogliere questa strana contraddizione che permea l'aria, questa assenza che proprio non ce la fa a non essere presenza.
Don Tommaso ancora c’è, nell'intitolazione di aule e palazzetti in suo onore, nell’anima di tante iniziative lavorative avviate sotto il suo impulso, ma soprattutto nel pensiero e nella preghiera costante dei suoi amici o nel ricordo di tanti altri, magari anche rammaricato (“quando c’era lui era tutto diverso, ora invece...”). Forse riesco a dare un'immagine concreta di questo clima quasi surreale: ho notato che chiunque lo abbia conosciuto anche solo di striscio, non appena si fa il suo nome, diventa più serio, non serioso ma serio. E’ una cosa strana, magari si sta scherzando e parlando rilassati, ma quel solo nome basta a cambiare il clima e i volti, mette sul piatto una tensione diversa o chissà cosa. E’ quasi una sacralità, non mistica, bensì familiare, vicina.

Ma perché? Cosa ha portato don Tommaso? Cos'è questa "cosa" che ha comunicato? Ho pensato a tanti modi per esprimerlo, dopo aver letto i suoi pensieri dal libro di scritti e testimonianze che ha raccolto il parroco di Nova Siri, don Mario La Colla, e che sarà diffuso nei prossimi giorni (si veda il box in pagina). Dopo tanti indugi, l’espressione più bella mi è parsa la metafora coniata da un missionario instancabile e creativo morto in Perù pochi anni fa, Andrea Aziani: “febbre di vita”. Sì, don Tommaso ha diffuso, quasi fosse un virus, una febbre di vita: uno slancio sulle cose, una passione, una voglia di affrontarle, capirle, goderle, “mangiarsi il mondo”.
C’entrava il cristianesimo, ma in un modo speciale e mai visto in Basilicata prima d’allora. Si chiamava, si chiama, Comunione e Liberazione. Era qualcosa che aveva un’espressione, per così dire, socialmente visibile: si facevano feste, vacanze in montagna, ci si sosteneva economicamente, ci si metteva a vivere e pregare insieme a scuola o all'università, a leggere e a studiare (mi dicono amasse l'Eneide), fino a lanciarsi  (e perché no?) nell’agone della politica.
C’era un amico che aveva un problema? Mi raccontano che diventava subito anche il suo. Da risolvere, mobilitando risorse, conoscenze, idee. E così imparava a fare (o meglio, si ritrovava a fare) anche chi stava con lui. Alcuni gli resistevano, magari lo odiavano mentre lui continuava a discutere e a proporsi, anche con durezza, ma non odiava mai. E così molti di quei vecchi avversari, alla fine, si trovavano a seguirlo. “Andiamo a Nova Siri per il giro della gente che c’è”, dicevano Giancarlo Cesana e Peppino Zola, tra i principali leader del Movimento di Comunione e Liberazione negli anni ‘80, come se quell’esperienza di fede avesse lì, in quel lembo dello Ionio, un bagliore speciale.
Non sono certo di esprimere la mia percezione di testimone indiretto di quel clima, e spero davvero che i volti delle foto in pagina diano un'immagine di quella sicurezza, coscienza, febbre di vita, “baldanza” (il copyright è di Luigi Giussani) che tante testimonianze scritte comunicano. O spero, almeno, che suggeriscano la curiosità profonda che destano in me: cosa c’era di così bello in quegli istanti, in quell’amicizia?
E dunque, come ha fatto don Tommaso? Be', una febbre si comunica per contagio, portandola addosso. Don Tommaso, infatti, la portava addosso e lui stesso  l’aveva ricevuta per contagio, incontrando a Roma don Giacomo Tantardini (1946-2012), tra i più cari amici italiani dell’ex cardinale Jorge Bergoglio, ma soprattutto uomo ferito (“attratto”, amava dire lui) da quel genio della Chiesa moderna che risponde al nome di don Luigi Giussani (1922-2005), del quale anche don Tommaso fu caro amico.
Ho avuto la fortuna, dicevo, di leggere il libro in anteprima e ho letto i suoi pensieri. Li ho letti con curiosità, ma in fondo aspettandomi una conferma a quanto già sapevo di Gesù e della Chiesa. Ne sono uscito stordito: c’era qualcosa di più, una percezione delle cose che raramente avevo avvicinato, a tratti in apparenza confusionaria e quasi inaccessibile, ma sempre profondissima. Eppure un tema sembra una costante onnipresente, esplicita o in sottofondo: all'inizio del cambiamento, di ogni consistenza della vita, c'è un incontro. L'incontro, parola decisiva per don Giussani, era carissima anche a lui. Ebbene, cosa ha incontrato don Tommaso? Basta chiederlo ai suoi testi. Risponde con una parola, una sola: Gesù, uno al quale, ogni tanto, in quelle pagine si dà addirittura del Tu.
La vita di don Tommaso è una di quelle che fanno pensare a Gesù non come a una rarefatta essenza spirituale, ma una cosa concretissima che cambia la vita, la trasforma, la sballotta, la rende bella. E’ un’ipotesi che anche oggi incuriosisce e interroga. Il grande sforzo evangelizzatore di Papa Francesco spinge molto in questo senso, e nel suo piccolo (che poi tanto piccolo non è) c’è anche don Tommaso. Ricordare lui che non c’è più, oggi, riapre la domanda e la speranza sulla possibilità di incontrare Gesù. Il quale, invece, ancora c'è. In fondo don Tommaso ha vissuto per questo. Anzi, ha vissuto “di” questo.
Pino Suriano




In un libro i suoi pensieri. “O si cambia o si muore”

“Dare la propria vita per l’opera di un Altro. Don Tommaso Latronico. Scritti, lettere e testimonianze”. Porta questo titolo la raccolta di testi curata dal parroco di Nova Siri don Mario La Colla in collaborazione con l’Ufficio Comunicazioni Sociali della Diocesi di Tursi-Lagonegro. Prezioso è stato anche  il contributo di reperimento dei suoi amici e familiari, in particolare quello di Domenico Viola, docente di Statistica all’Università degli Studi di Bari, tra i più vicini a don Tommaso. Il testo ha incontrato l’impegno di tanti e anche quello del vescovo Francesco Nolè, che ne firma la presentazione.
Il lavoro ha in sé un intento umile, quello di lasciar “cantare” don Tommaso, senza aggiungere altro se non la voce, libera, dei suoi amici che hanno voluto testimoniarne l’umanità. A tanti è stato chiesto di scrivere un contributo, e moltissimi lo hanno fatto tra quelli che lo hanno “impattato” nelle sue avventure educative a Roma negli anni del Seminario, a Policoro al Liceo Scientifico, a Bari, dove seguì il Gruppo degli Universitari di Comunione e Liberazione, a Matera, dove prima aveva insegnato, e naturalmente di Nova Siri.
Non c’è luogo, tra questi, in cui non si trovino persone profondamente segnate dall’incontro con lui. Tutta la vita sarebbe stata diversa se lui non ci fosse stato” scrive la sua giovane amica Daniela Gentile, allora giovanissima, nella sua profonda testimonianza. Tra i ricordi ci sono anche quelli di personalità quali Monsignor Luigi Negri, vescovo della Diocesi di Ferrara-Comacchio; Massimo Borghesi, Docente di Filosofia Morale all’Università di Perugia; Giancarlo Cesana, leader storico di Cl; e poi suore, sacerdoti, i fratelli Ninetta e Cosimo e tanti altri. Non c’è molta differenza tra queste testimonianze e quelle di tanti semplici amici che con lui sono cresciuti e da lui sono stati educati alla Chiesa. Anzi, non ce n’è nessuna, perché tutte le testimonianze raccontano la stessa storia d’amore. Alla vita. Di seguito alcuni dei suoi appunti, tra i tanti raccolti nel libro, un vero tesoro:
1
“Cosa vuol dirci il Signore con questa morte? Che è possibile vivere della ‘Sua Presenza’, che Lui, il Signore, prende quelli che vuole e li cambia”. (scritto in occasione della morte dell’amica Enzina Forleo, il 7 febbraio 1988).

2
Riconosco che lo scopo della vita umana è seguire Cristo, riconosco che Lui è la Nostra Vita e Verità perché è la Via. Riconosco che la Grazia più grande che mi è stata concessa è la felicità e la precisione della Via: il Movimento. Riconosco che questo è il mio dramma personale di oggi e la mia vocazione. Riconosco che – consapevolmente o inconsapevolmente - ho sempre tentato di allontanarmi, di fuggire, ma che oggi non posso più barare e voglio aderire personalmente a Lui. Ringrazio Dio che mi ha dato 40 anni di vita, l’incontro con Lui e tanti peccati da non potermi più illudere di farcela da solo. O si cambia o si muore.

3
Nell’esperienza dell’uomo tutto passa e finisce. Soprattutto le cose belle (l’infanzia, l’amore…) sono destinate a finire nel rimpianto, nella nostalgia, e nel ricordo. C’è una  sola esperienza che inizia e non finisce, e con il tempo cresce: è l’incontro con Cristo.


La vita. Alla sua ordinazione era presente Aldo Moro

Nato a Nova Siri il 17 novembre 1948, è morto a Roma il 20 luglio 1993. Ha compiuto gli studi ginnasiali nel Seminario Regionale di Potenza e quelli liceali nel Seminario Interregionale di Salerno. A Roma ha frequentato gli studi di Teologia fino alla Licenza presso la Pontificia Università Gregoriana, come alunno dell’Almo Collegio Capranica.

È stato ordinato Sacerdote a Roma, dal Cardinale Ugo Poletti, il 28 giugno del 1973. Con i giovani di Comunione e Liberazione, alla sua Ordinazione Sacerdotale, era presente anche l’Onorevole Aldo Moro, allora docente all’Università La Sapienza, che don Tommaso incontrò più volte.
I primi due anni di vita sacerdotale li trascorse a Roma come Assistente Spirituale degli universitari di Comunione e Liberazione. Dal 1975 la sua missione proseguì tra i giovani della Basilicata e dell’Università di Bari. Nel 1982 fu nominato parroco di Nova Siri paese e fu insegnante di Religione presso il Liceo Classico “E. Duni” di Matera e, successivamente, presso il Liceo Scientifico “E. Fermi” di Policoro e il Liceo Classico “G. Fortunato” di Nova Siri. Ha insegnato Teologia Dogmatica presso l’Istituto di Scienze Religiose della Diocesi di Tursi – Lagonegro, dove ha fatto parte del Consiglio Nazionale di Comunione e Liberazione, svolgendo anche il ruolo di Assistente della Fraternità di CL nelle Diocesi della Basilicata.


Estratto dal libro “Dare la propria vita per l’opera di un Altro. Don Tommaso Latronico. Scritti, lettere e testimonianze”

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