23 lug 2013

"Come siamo ridotti". Se il vu' cumpra' fa credito in spiaggia agli italiani

NOVA SIRI - "Non preoccupare signora, prendere abito, soldi anche domani". Se non fosse per l'italiano stentato, sembrerebbe di sentire il proprietario di un ricco atelier che fa credito alla facoltosa cliente che ha scordato la carta bancomat. La scena, invece, si consuma nel bel mezzo della spiaggia ionica, a Nova Siri. E le parole, si sarà capito, sono quelle di un “vùcumprà” (non si intenda il termine in senso dispregiativo) che sta provando a vendere un abitino da otto euro, una stoffa discreta che però fa la sua figura. E' uno dei tanti che girano le spiagge in lungo e in largo con la speranza di introiti che si fanno, nel tempo, sempre più scarsi.

E' quasi letterario raccontare la crisi con piccole immagini di vita quotidiana. Questa è tra le più surreali: il venditore emigrato che fa credito alla “povera” italiana senza soldi in spiaggia, purché possa acquistare il suo abitino da sfoggiare nelle serate estive come fosse un capo di qualità. Quel venditore ha scoperto che l'Italia non è più l'America, ma un Paese in cui dieci euro in spiaggia diventano quasi una tentazione da evitare, un Paese in cui tirano la cinghia, per paura del futuro, anche quei “fortunati” che uno stipendio ce l’hanno. E magari, però, a un abitino che ha colpito non vogliono rinunciare anche se non si hanno "spiccioli" in spiaggia (le virgolette sulla parola spiccioli, a questo punto, sono d’obbligo). Certo, quel venditore avrà studiato i volti degli avventori abituali, e magari non darà la stessa fiducia a un volto sconosciuto, eppure quel pensiero, impensabile qualche anno fa, si è affacciato ormai in modo definitivo nella mente dell’immigrato ambulante: “siamo quasi sulla stessa barca, voi che comprate e noi che vendiamo”.

Ma non è lo stravagante venditore che fa credito il solo a sentire crisi. Uno altro suo “collega”, che chiede di non essere citato, si ferma e racconta sconsolato. "Si incassano venti, massimo trenta euro al giorno. Talvolta anche solo dieci in sette ore di cammino sulle spiagge. Negli anni scorsi c'erano anche giornate da 300 euro. Qui tutto è cambiato, speriamo di migliorare in agosto, ma luglio è cominciato in malissimo". Investire per acquistare i prodotti da vendere in spiaggia, del resto, costa circa 2mila euro, e 600 ne servono per il biglietto aereo di chi arriva dal Sud Est asiatico (sono loro la maggioranza, negli ultimi anni, dopo l’ondata nordafricana di qualche tempo fa).

E' la new life di questa Italia sempre più povera, ma che ancora non se n'è accorta del tutto. Se ne accorge di più chi di questa ricchezza, dall'esterno, vive, anzi viveva. E le conseguenze, per questi immigrati, non si vedono solo in spiaggia. Molti di loro, infatti, nel corso dell'anno erano soliti cercare un lavoro per l'inverno in fabbriche o aziende agricole. Quest'anno, però, più di qualcuno ha dovuto fare le valigie. "Ho provato in tutti i modi a cercare qualcosa, ma poi sono tornato al mio Paese dove ho lavorato un terreno e ho racimolato qualcosa ma è sempre troppo poco, altrimenti non sarei di nuovo qui". Insomma, non se ne esce. Quella dell’ambulante che fa credito, però, in fondo è una bella immagine. A un Paese paralizzato come il nostro, economicamente e non solo, forse per ripartire serve proprio questo: la fiducia.

Pino Suriano

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