Commento sulle vicende che hanno sconvolto le comunità di Rotondella e Nova Siri
Diversi
eppure uguali. Un filo sottile lega i due fatti che nei giorni scorsi hanno
sconvolto le comunità di Rotondella e Nova Siri. Quel filo è tutto racchiuso nelle
due sillabe della domanda che entrambi scatenano, quando sono finite tutte le analisi
e dietrologie. Perché? Perché, a Rotondella, quella violenza cieca e
irrazionale verso una donna anziana e indifesa? Cosa ha in cuore, a Nova
Siri, una donna che lascia figli e marito per il gesto più estremo? Quale
dramma, quale domanda, quale richiesta al mondo?
Neppure una risposta, tra quelle che mi vengono
in mente, mi sembra più che banale. Non c’è parola che basti: il fatto di Nova
Siri è irrimediabile, quello di Rotondella incancellabile. E non avrei una
parola da scrivere, se due amici non avessero sentito l’esigenza di contattarmi
“come giornalista”. “Pino, non può esserci solo una cronaca - mi dice al
telefono l’amica di Rotondella - Non può essere solo una questione di
ricostruzione dei fatti, deve esserci una riflessione. Non so come, ma tutto
ciò non può rimanere tale”. Forse non sa neppure lei dove voglia arrivare. Non
lo so neppure io. Di certo a qualcosa di più, che faccia guardare la
gravità, l’insondabilità di tutto ciò. Non solo per i protagonisti ma per
tutti. Non solo per ricostruire i fatti, ma per sentirli più nostri.
C’è poi l’amico di Nova Siri, che con sincero dispiacere si avvicina e mi dice: “Ecco, si è già cominciato a parlare troppo su questa vicenda, a fare castelli e ricostruzioni senza fondamento sulla vita delle persone. Le chiacchiere hanno già preso il posto del dolore. Come è possibile? Come si fa?” Si fa, si fa eccome, rispondo io. Ci viene anche facile, con un sottofondo di gossip e investigazione che caratterizza tanti nostri discorsi. Un sinistro piacere che nascondiamo anche a noi stessi e che ci viene naturale quando non abbiamo davvero a cuore un fatto, ma solo i discorsi che possiamo farci su.
“Ci vorrebbe il silenzio” aggiunge l’amico. Ha
ragione. Silenzio per i figli e il marito della donna di Nova Siri rimasti con
una domanda in gola sul perché di quel gesto. Silenzio per la donna colpita
ingiustamente a Rotondella. Silenzio anche per un ragazzino di sedici anni che
si trovava in quel negozio con altri amici e con chissà quali intenzioni (in
attesa che i fatti siano chiariti dagli inquirenti, prima di poter esprimere
giudizi fondati). Il silenzio, così come
la preghiera, non è un atto di fuga, ma è fare spazio ad altro, sentito come
più grande di noi. Perché la profondità del male, anche quando ne avremo
sviscerato tutte le cause, sarà sempre più grande di noi.
Così
scriveva il filosofo Martin Heidegger in Essere e Tempo: “Di fronte all’orrore
del vuoto e dell’ignoranza; di fronte al terrore che genera il silenzio […] l’uomo
si rifugia nel chiasso della chiacchiera che regala la consolatoria (ma
equivoca) sensazione di pienezza e di conoscenza. Perché si realizzi questo
effetto terapeutico, la chiacchiera va ripetuta, va diffusa, va urlata. […] Il
linguaggio (chiacchiera) diventa così un’onda dolce sulla quale è piacevole
galleggiare, meglio se a pancia in su accecati dal sole, evitando il turbamento
che dà l’oscurità della profondità delle acque”. Me l’ha girata un terzo amico,
dopo che insieme avevamo riflettuto su questi fatti. La chiacchiera è l'atto più piacevole
e facile, ma non il più umano.
Pino Suriano - Pubblicato sul Quotidiano della Basilicata del 3 novembre 2012 nella sezione Spunti
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