26 ott 2009

COMMENTO SUL LODO

Quel minimo senso della realtà che abbiamo smarrito

di PINO SURIANO

Che cosa potrebbe pensare, a questo punto, un "cittadino normale"? Uno che vive la propria vita e ha a cuore, semplicemente, la famiglia e i propri beni? E che alla politica chiede, essenzialmente, la certezza e la qualità di quei servizi per cui paga fior di tasse, senza fregarsene troppo della vita privata del premier e di tutti i veri o presunti scandali che lo riguardano? Insomma, uno che, di fronte al nome Silvio Berlusconi, non è preso da un moto, pregiudiziale e istintivo, di stima ardente o di odio implacabile?
Certo, un tipo così non è facile trovarlo nell'Italia di questi giorni, dopo il guazzabuglio degli ultimi mesi. Ma immaginiamo, per ipotesi, che possa esistere, sbarcato ieri da chissá quale pianeta. Un'immedesimazione con questo ipotetico cittadino potrebbe, forse, condurci ad un'analisi un pó più ragionevole ed equilibrata delle recenti vicende italiane.
Cosa penserebbe (o cosa pensa), allora, un cittadino del genere di tutto di ciò che accade dopo la decisione sul Lodo, tra le accuse degli uni e l'esultanza degli altri?
Partirebbe, suppongo, da una banale constatazione: "se i giudici hanno deciso una cosa, quella decisione va rispettata".
Si stupirebbe, perciò, delle reazioni scomposte e veementi di chi è penalizzato da questa decisione. E pretenderebbe che la accettasse, senza minacciose sfide al Presidente della Repubblica, emulando uno sport che, peraltro, è ormai di moda anche nell'opposta fazione.
"Berlusconi deve essere processato? - direbbe - Che lo sia".
D'altra parte, però, quando poi gli venisse detto che, secondo alcuni, per effetto della sentenza deve dimittersi e non può più governare, sarebbe percosso da un moto di incredulità. "E perché scusate? - chiederebbe - Ma non lo hanno eletto i cittadini? E quando lo hanno eletto, non sapevano forse di questi suoi processi? Certo che sì. E allora dove sta il problema?"
Con disarmante semplicità direbbe, insomma, quello che nel fumo di questi giorni si fa fatica a discernere. Partirebbe, cioè, da quel banalissimo buon senso per cui la politica deve fare la propria strada e la giustizia la propria. Devono essere, molto più semplicemente, autonome.
Non capirebbe come mai non lo accettano Berlusconi e i suoi, che pregiudizialmente sparano contro la politicizzazione di ogni sentenza, anche quando non ve ne siano gli elementi.
D'altra parte, però, non capirebbe neppure perché tanti altri chiedono che dalle legittime decisioni di una corte o di un giudice scaturiscano dimissioni, cambi di governi, impossibilità di candidatura per i processati e tutto ciò che ne consegue. O che i giornalisti gridino, dopo la sentenza della corte, al trionfo della democrazia, dell'uguaglianza e di chissà quali albe promettenti che sappiamo evanescenti: non c'è nessun "Mondo Nuovo" ad attenderci alla fine del berlusconismo.
Il nostro cittadino chiederebbe queste poche e semplici cose: "Berlusconi si faccia processare, perché è un suo dovere di cittadino. Ma continui a governare, e non si faccia tangere da quello che è successo. Le sue opposizioni, d'altra parte, comincino, finalmente, a fare le opposizioni, con giudizi sul merito di quello che fa, e non sul suo diritto ad essere lì dove sta, con le trovate (nuove di volta in volta) sul conflitto di interessi, il gossip e la presunta libertà di stampa che mancherebbe. Tutte questioni che con la guida concreta del paese, con ciò che chiedono i cittadini, hanno a che fare poco o nulla".
Chiederebbe, insomma, che spariscano i due mali atavici della storia italiana degli ultimi anni: il berlusconismo (inteso come vittimismo e conseguente aggressività del potere) e l'antiberlusconismo (inteso come sistematico pregiudizio negativo sull'operato di chi governa e sul suo diritto a governare).
Tutti ci siamo quasi convinti, però, che per farli sparire sia necessaria la scomparsa dalla scena di uno dei contendenti. E invece non è detto!
Anzi, se uno dei due sparisse per effetto di questa lotta potremmo celebrare, allora sì, la vera "morte della democrazia", senza vincitori e né vinti.
Il nostro cittadino lo direbbe in modo semplice: "Berlusconi capisca che stampa e giustizia ci sono e devono poter fare il proprio dovere. I suoi avversari (giornali compresi) capiscano una buona volta che lui c'è e deve poter rimanere dove sta fino a che il popolo italiano non deciderà il contrario".
Pensiero banale? Io direi semplicemente normale. Normale e forse, proprio per questo, reale. Infatti, se c'è un caduto nelle lotte e nelle disquisizioni degli ultimi tempi, è proprio il senso della realtà. Nella storia scompare spesso e dà origine alla violenza delle ideologie, che pur partono, quasi sempre, da buoni propositi di costruzione o di liberazione dal "nemico crudele".
Eppure, per fortuna, quel senso della realtà riaffiora ciclicamente nella storia quando si tocca il fondo. Noi, forse, ci siamo quasi. I cittadini "equilibrati" si affrettino ad affermarlo, se vogliono che il più o meno imminente "dopo Berlusconi" possa dirsi veramente democratico.

Pino Suriano

2 commenti:

Anonimo ha detto...

ANCHE MUSSOLINI AVEVA IL SOSTEGNO DELLE MASSE ITALIOTE, NONCHE' DELLA TUA CHIESA....

Anonimo ha detto...

La ringrazio per Blog intiresny