29 apr 2008

"Questa scuola non è più umana"

La sfida dell'educazione in un incontro a Policoro con il sen. Luca Marconi

POLICORO - Non c’era un clima da campagna elettorale, sabato sera, all’incontro su “L’impegno civico del cristiano per il bene comune”, tenutosi a Policoro presso il centro giovanile Padre Minozzi. Poco spazio agli intenti persuasivi, tanto al desiderio di approfondire i criteri della presenza cattolica in società e in politica. Insomma, una lezione partecipata più che un comizio. Particolare anche la forma con cui l’iniziativa è stata pensata: una sorta di assemblea aperta agli interventi della platea, dai quali si è poi sviluppata l’agenda degli argomenti.
Molto concrete le domande pervenute, dall’impegno politico alla situazione della scuola italiana. A rispondere c’era un interlocutore d’eccezione: il senatore Luca Marconi, responsabile nazionale Udc per il Mondo cattolico e membro della VII Commissione Permanente Istruzione Pubblica e Beni Culturali. Al suo fianco, al tavolo dei relatori, Lindo Monaco, coordinatore regionale del Rinnovamento nello Spirito, e Armando Gnoni, responsabile regionale Udc per il Mondo cattolico.
Al centro del dibattito i problemi dell’Italia di oggi, mai disgiunti dai criteri ideali e operativi desunti dall’appartenenza cattolica. Anche con qualche simpatica battuta: “Per tirare su l’Italia ci vorrebbe davvero un miracolo”. E in verità qualcuno ci sta provando dicendo “Rialzati Italia!”.
Nell’aria una convinzione di fondo: non è dalla politica che può arrivare la salvezza per il paese, ma anzitutto da una svolta della sua mentalità.
Letto in questa chiave il problema dei giovani: “Altro che bamboccioni – ha spiegato Marconi – per me sono deficienti. Deficienti nel senso latino del termine: sono totalmente privi di qualsiasi senso della responsabilità, se non quella professionale. La mentalità di oggi insinua questo: l’unico obiettivo della vita è la realizzazione nel lavoro, rispetto alla famiglia e alla società le responsabilità non esistono”. Da qui la centralità dell’emergenza educativa, richiamata di recente anche da papa BenedettoXVI. “Questa scuola non mi piace più perché non è umana, manca di buonsenso. Non può continuare la scuola dei voti infinitesimali, dei carichi eccessivi di compiti per casa, delle centinaia di euro spese dalle famiglie per gite, gitarelle e o addirittura dei corsi di yoga al pomeriggio. Il Ministero della Pubblica Istruzione – ha poi aggiunto - è un’anomalia mondiale: un’azienda con 1.100.000 dipendenti che continua a non funzionare”. E in effetti quasi tutti gli studi comparativi con altri paesi europei non fanno che confermarlo: gli studenti italiani risultano meno “bravi” degli altri.
“La scuola va riformata alla radice, vanno ripensati anzitutto i suoi obiettivi di fondo. Mi piace riferirmi a un’espressione del cardinale Angelo Scola, tra i massimi intellettuali italiani: “questa scuola di stato post-unitaria ha svolto egregiamente il suo compito di indottrinamento, ma ora questo compito può dirsi concluso”. Non possiamo – ha incalzato Marconi – continuare a insegnare che Garibaldi e Cavour erano santi solo perché hanno imposto al sud, con le armi, il loro progetto politico. Non possiamo continuare a chiamare semplicemente fuorilegge la resistenza dei briganti”. “Ma oltre agli obiettivi – ha poi aggiunto - nella scuola vanno anche riformati i processi formativi. Oggi siamo nelle condizioni di sviluppare processi formativi in molto meno tempo. Per scrivere e fare due conti – ha detto con ironia – non c’è bisogno di tutti quegli anni che si impiegano oggi”. Quale sarà la strada, allora? “Si tratta di passare da una scuola statale, in cui tutto è deciso dall’alto, a una scuola pubblica, in cui le famiglie siano messe nella condizione di contribuire concretamente alla formazione delle nuove generazioni, anche per quanto riguarda, almeno in parte, la programmazione didattica”. Precisazione finale di Lindo Monaco: “Noi siamo qui per approfondire i criteri della nostra presenza in società, non per identificare il nostro movimento con un partito politico. Sarebbe la fine”.

Pino Suriano - da Il Quotidiano della Basilicata

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