“Basilicata
terra di buona spesa”. A sentirlo ora, dopo tutto quello che è successo, fa un
certo effetto. Eppure chi lo dice e lo scrive non è certo sospetto di simpatie
per il centrosinistra, tantomeno quello lucano, e soprattutto osserva le cose dal
punto di vista più obiettivo, quello dei numeri.
Il
Professor Luca Antonini, cinquant’anni da poco compiuti, insegna Diritto
Costituzionale all’Università degli Studi di Padova, dal 2009 presiede la
Commissione Tecnica Paritetica per l’Attuazione del Federalismo Fiscale
(Copaff) e da qualche settimana è il nuovo Capo del Dipartimento per le Riforme
Costituzionali. La sua, perciò, è una delle voci più autorevoli nel panorama
italiano, quando si parla riforme e federalismo fiscale. Sono temi che studia
da tempo e di cui scrive su Libero, Panorama, Sole24ore, Il Giornale, etc.. Ha
spulciato in lungo e in largo i costi della spesa pubblica, registrandone la
qualità sulla base di precisi standards. Da qualche mese, inoltre, è uscito il
suo nuovo libro, “Federalismo all’italiana. Dietro le quinte della grande
incompiuta”, edito da Marsilio – Tempi, presentato nei giorni scorsi in Regione
Piemonte con il Presidente Roberto Cota. Già dal titolo traspare tutto il
rammarico per quella che sarebbe potuta essere una grande occasione e che
invece è rimasta, appunto, un’incompiuta.
Andiamo al cuore del nostro
interesse: il Sud Italia, quanto e come ha speso negli ultimi anni.
“Be’, a parte qualche esempio virtuoso come la
Basilicata…”
Stop, un attimo. La Basilicata
sarebbe un caso virtuoso? Non mi dica, è troppo strano per chi ne osserva da
vicino i problemi quotidiani, la continua emigrazione, la disoccupazione…
“E invece glielo dico.
Guardi, sono anni particolari e non si sta troppo bene dappertutto, ma se si
considera la Basilicata in rapporto alle altre Regioni del Sud ci si rende conto
degli aspetti virtuosi. I bilanci sono lì a testimoniarlo, nel libro ne ho
parlato come di una piccola Svizzera d’Italia”.
Addirittura… E da cosa si
evincerebbe?
Si vede dal rapporto tra i
conti, sostanzialmente in ordine, e la qualità delle prestazioni erogate. La
Basilicata rappresenta un esempio virtuoso in merito alla
spesa di investimento e sarebbe stata tra le Regioni più valide per la
definizione dei pinchment per la spesa sanitaria nazionale. Consideri che
questa Regione ha fatto buona qualità della spesa in investimenti
infrastrutturali ed è anche risultata piuttosto sobria sul piano della spesa
per il personale. In Sicilia, per esempio, si è fatto l’esatto contrario, pur
con ferrovie ridotte malissimo si è continuato a spendere per il personale. Certo,
ci sono limiti anche in Basilicata, ma è il confronto con le altre Regioni del
Sud a dare la misura della questione.
Ci sono meriti
dalla politica?
Direi di sì. E’ la politica
a determinare gli indirizzi di spesa: credo di poter affermare che la Basilicata,
in termini di qualità della spesa, sia governata bene.
C’entra il colore politico?
Non credo. Le buone pratiche
di spesa pubblica locale risultano piuttosto trasversali. Funzionano bene, per
esempio, realtà di diverso colore come l’Emilia Romagna e il Veneto.
Le altre Regioni del Sud?
Guardi, un po’ da tutte le
parti si scontano problemi di gestione precedenti e ritardi infrastrutturali.
Abbiamo alcune Regioni del Centro o del Sud con spaventosi disavanzi sanitari e
servizi di pessima qualità, e in molti casi anche eccessi di illegalità che
bruciano le risorse dei cittadini. Certamente, però, si devono sottolineare
alcuni sforzi importanti, come in Calabria, dove si è tentato di chiudere
ospedali piccoli e inefficienti, o in Campania. Ma si potrebbe fare di più. Chi
ha fatto peggio credo sia la
Sicilia: molte operazioni di immagine e poca sostanza.
Quali strade,
allora?
Nei trasferimenti dallo
Stato bisogna superare il criterio della spesa storica (quello secondo cui si
determina la quantità delle risorse in rapporto a quelle fornite in passato,
ndr.) cominciando a determinare dei costi standard per le prestazioni, cioè
quello che dovrebbe essere il costo di una certa prestazione in base alle
esperienze di gestione efficiente, come potrebbe essere considerata, per alcuni
aspetti, proprio quella lucana. In questo senso il federalismo rappresenta
un’occasione: essendo un’operazione di trasparenza sulle pratiche migliori, è
qualcosa che aiuta il Mezzogiorno, poiché lo responsabilizza. Sia chiaro, in Italia
non è pensabile un federalismo all’americana, cosiddetto competitivo, il
modello applicabile da noi è certamente il federalismo solidale, quello
tedesco, in cui sono comunque garantiti a tutti, da parte dello Stato, i
livelli minimi essenziali.
Perché?
Perché c’è una differenza di
capacità fiscale tra le Regioni: alcune sono ricche e altre molto meno. Con un
federalismo all’americana il paese si spaccherebbe, mentre un federalismo
solidale e responsabilizzante garantirebbe un maggior rispetto del principio di
uguaglianza.
Cosa non ha
funzionato in Italia?
Direi che in Italia è
mancato il coordinamento statale. Abbiamo avuto poco Stato laddove ci doveva
essere, e troppo in casi in cui non serviva. Era necessario che l’autorità
centrale facesse valere il proprio potere, senza aver paura di imporre dei
commissariamenti. Noi, al contrario, siamo arrivati a dei paradossi
sconcertanti: in Regioni come il Lazio e la Campania abbiamo nominato come
Commissari Bassolino e Storace, proprio i Governatori, e cioè abbiamo chiamato
a sanare i buchi esattamente le stesse persone che li avevano prodotti.
Insomma, al
Federalismo serve lo Stato.
Assolutamente sì, ma non con
un ruolo eccessivo, prevaricante, bensì di coordinamento. In molte situazioni
del Sud abbiamo avuto poco Stato. Nel libro porto l’esempio della Germania Est
che subito dopo l’89 stava molto male, mentre ora per tanti aspetti è anche
più avanzata dell’Ovest. Come è
accaduto? Grazie a un positivo atto di forza dell’autorità centrale: dove
c’erano situazioni di cattivo uso dell’autonomia si è intervenuti senza remore
nell’utilizzo di commissari. Bisogna smetterla di temere l’utilizzo della forza
dello Stato.
Siamo ancora
in tempo per i correttivi?
Penso di sì. Esiste da
qualche tempo una piattaforma importante, il cosiddetto Documento dei Saggi,
consegnato al Presidente Napolitano,che è un ottimo segnale in questo senso, ed
è per me motivo di orgoglio che vi siano condensati alcuni dei correttivi che
io stesso propongo, come l’istituzione del Senato Federale.
Pino Suriano - scritto per Il Quotidiano della Basilicata
Nessun commento:
Posta un commento